Bayer ha raggiunto un patteggiamento da 10,5 miliardi di dollari per risolvere quasi centomila azioni legali negli Stati Uniti sul Roundup, il diserbante di Monsanto a base di glifosato accusato di causare il cancro. Ma non è una pietra tombale sulla vicenda, perché restano in piedi circa 25mila richieste di risarcimento da parte di individui che non hanno accettato la transazione. Dopo un anticipazione del New York Times, la conferma è arrivata dalla stessa azienda con una nota.

Bayer ha ereditato il Roundup quando ha acquistato Monsanto nel 2018 per circa 65 miliardi di dollari. La cifra del patteggiamento – spiega il New York Times – include 1,25 miliardi di dollari per far fronte a potenziali richieste future da parte di utilizzatori del diserbante che potrebbero sviluppare il linfoma non Hodgkin negli anni a venire. Una quota degli 1,25 miliardi accantonati sarà destinata alla creazione di un comitato di esperti indipendenti chiamato a rispondere a due domande cruciali, ovvero se il glifosato causa il cancro e, se sì, quale è il dosaggio minimo o il livello di esposizione ritenuti pericolosi.

L’accordo, svela sempre il Nyt, copre circa 95mila casi, è stato “straordinariamente complesso” perché include accordi separati con 25 studi legali i cui clienti riceveranno importi differenti l’uno dall’altro. Il maxi-patteggiamento, in ogni caso, non chiude la grana Roundup per Bayer: restano infatti aperte almeno 25mila richieste di risarcimento da parte di persone che non hanno accettato di far parte dell’accordo.

Negli scorsi anni, in alcuni casi, l’azienda tedesca aveva perso alcune cause avanzate da singoli ed era stata condannata a risarcimenti che avevano raggiunto anche i 2 miliardi. L’ultima condanna – la terza – risale al 14 maggio 2019 e aveva stabilimento un risarcimento da 2,05 miliardi di dollari a una coppiaAlva e Alberta Pilliod – perché erano stati adeguatamente esplicitati i rischi di tumore legati all’utilizzo del prodotto. I due, che hanno utilizzato il diserbante per 30 anni, hanno entrambi contratto il cancro.

Nel marzo 2019, invece, Bayer aveva dovuto sborsare 80 milioni a un californiano, Edwin Haderman, anche lui ammalatosi di cancro. L’ammontare del risarcimento è molto simile a quello ricevuto da Dewayne Johson, ex guardiano di un parco che aveva ottenuto uno pari a 78,5 milioni in appello sempre da una giuria di San Francisco.

“È come estinguere solo parte dell’incendio di una casa”, afferma Fletch Trammell, avvocato di uno studio legale che rappresenta 5.000 persone che non hanno aderito al patteggiamento. L’intesa rappresenta una buona notizia per Bayer: rimuove parte dell’incertezza e le spese legali sostenute per i singoli processi, limita i danni di reputazione e rassicura gli investitori. Il susseguirsi dei processi negli ultimi anno ha infatti causato non pochi problemi a livello societario per Bayer, costretta a difendere ripetutamente l’acquisizione di Monsanto.

Una diatriba ancora aperta quella sul possibile legame tra il glifosato e il cancro. Nel 2015 l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha stabilito che il glifosato da solo “non presenta potenziale genotossico” e che “nessuna prova di cancerogenicità è stata osservata nei ratti o nei topi”. Stando all’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms (Iarc), invece, è stata constatata la presenza di “prove evidenti” di genotossicità e “evidenze sufficienti” di cancerogenicità per gli animali. L’Efsa ha però riconosciuto che “il potenziale genotossico” delle formulazioni a base di glifosato deve essere valutato e che “la tossicità a lungo termine, la cancerogenicità, la tossicità riproduttiva e il potenziale di interferenza endocrina delle formulazioni” dovrebbero essere “chiariti”.

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