Cresce ancora il livello dello scontro tra ArcelorMittal e i commissari di Ilva in Amministrazione Straordinaria a cui questa mattina il colosso franco indiano ha negato l’accesso in fabbrica per la visita di ispezione agli impianti disposta nelle settimane scorse dal prefetto di Taranto su richiesta dei sindacati, preoccupati per le condizioni in cui versano diversi reparti dell’acciaieria ionica. Il diniego delle scorse ore è stato l’ultimo epilogo di una battaglia combattuta con carte bollate.

Il 25 maggio scorso, infatti, i commissari straordinari di Ilva in As avevano inviato una lettera ad Arcelor annunciando la visita di questa mattina con una delegazione di esperti che su richiesta del Prefetto avrebbe dovuto valutare lo stato degli impianti. Una richiesta di accesso che rientrava perfettamente nei 5 giorni di preavviso previsti dal nuovo contratto stipulato con la multinazionale che gestisce lo stabilimento tarantino.

Poco dopo, però, Arcelor ha fatto sapere che non erano nelle condizioni di ospitarli: per il ponte del 2 giugno, secondo l’azienda, non ci sarebbe negli uffici amministrativi il personale sufficiente per assistere la delegazione. Di tutta risposta, Ilva in As ha fatto sapere che si trattava di una ispezione impiantistica e quindi non ci sarebbe stato bisogno del personale impiegato negli uffici e ha inviato contestualmente la lista delle 15 persone che componevano l’equipe scelta dai commissari per l’ispezione.

Arcelor, però, ha rinnovato il “no” affermando che per le disposizioni emanate per l’emergenza sanitaria, la delegazione era sostanzialmente troppo numerosa. “Una motivazione risibile – spiega a ilfattoquotidiano.it una fonte della struttura commissariale – se si considera che la fabbrica ha la superficie di una città”. Eppure Arcelor non ha aperto le porte: la delegazione è rimasta fuori e la visita è slittata a data da destinarsi. Arcelor però si è già detta disposta a stabilire una nuova data: una volontà che non è bastata a calmare gli animi dato che la multinazionale, alla luce dell’ultimo accordo, non potrebbe sottrarsi alla richiesta dei commissari se questi hanno rispettato i giorni di preavviso.

La tensione, inoltre, sembra destinata ad aumentare ancora dato che i vertici della struttura commissariale hanno già fatto sapere che sono pronti a inviare una relazione sull’accaduto a procura e Prefettura. Tutto questo a pochi giorni dalla presentazione del nuovo piano industriale di ArcelorMittal per il rilancio della fabbrica per la quale, pochi giorni fa, hanno annunciato il potenziale utilizzo della cassa integrazione per oltre 8mila lavoratori.

Erano i sindacati a portare all’attenzione del Prefetto, Demetrio Martino, l’allarme per “una situazione impiantistica che rischia il collasso qualora si dovesse continuare con un regime di produzione di ghisa negli altiforni al di sotto del minino tecnico”. Per la Fiom Cgil quella condizione “sta determinando grossi problemi agli stessi impianti che continuano ad avere continui ‘stop and go’ sottoponendo, pertanto, gli altoforni ad un alto rischio di problemi di sicurezza e danneggiamenti impiantistici”. Alla luce di questo i metalmeccanici avevano chiesto un immediato intervento del governo per valutare “attentamente questa difficile fase”.

Contemporaneamente, i sindacati avevano denunciato il fermo delle attività di risanamento degli impianti per l’adeguamento all’Aia: uno stop che Arcelor aveva motivato con la necessità di limitare gli accessi in fabbrica per rispettare le misure di contenimento del contagio. “Ad oggi – aveva spiegato alcuni giorni fa Francesco Brigati di Fim Cgil – non risulta ci sia stato un atto formale da parte del Ministero dell’Ambiente, sia sulla sospensione che sulla successiva ripresa delle attività” al punto che fino a qualche giorno fa i cantieri erano ancora fermi.

Una nuova strategia della tensione, insomma, nella fabbrica tarantina. Una sorta di déjà-vu che ricorda lo scontro frontale avvenuto alla fine del 2019 tra commissari e azienda dopo la richiesta (poi ritirata) di quest’ultima di risolvere il contratto e lasciare le fabbriche italiane. Una battaglia che era finita si tavoli delle procure di Milano e di Taranto. I magistrati avevano aperto fascicoli di indagine, la Guardia di finanza e i carabinieri erano entrati in fabbrica per acquisire documenti: indagini che restano ancora aperte e che sembrano destinate a fare nuovamente rumore.

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