Un crollo anche peggiore della stima preliminare diffusa dall’Istat un mese fa: nel primo trimestre del 2020 il Pil dell’Italia è diminuito del 5,3% rispetto al trimestre precedente e del 5,4% nei confronti dello stesso periodo del 2019. L’Istituto di statistica ha infatti rivesto al ribasso i dati diffusi il 30 aprile, che davano il Prodotto interno lordo in discesa del 4,7% su base congiunturale del 4,8% nel confronto annuo. Già quei dati rappresentavano un record negativo: mai dal primo trimestre del 1995, ovvero dall’avvio delle serie storiche ricostruite, si è registrata una flessione così pesante. “La stima completa dei conti economici trimestrali conferma la portata eccezionale della diminuzione del Pil nel primo trimestre”, commenta l’Istat, sottolineando gli effetti dell’emergenza coronavirus sull’economia.

L’impatto del Covid ha colpito infatti “tutti i principali aggregati della domanda interna” che sono in diminuzione rispetto all’ultimo trimestre del 2019, “con un calo del 5,1% dei consumi finali nazionali e dell’8,1% degli investimenti fissi lordi”. Le importazioni e le esportazioni sono diminuite, rispettivamente, del 6,2% e dell’8%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per -5,5 punti percentuali alla contrazione del Pil: -4% i consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali private, -1,5% gli investimenti fissi lordi e -0,1% la spesa delle Amministrazioni Pubbliche (AP). “A trascinare la caduta del Pil è stata soprattutto la domanda interna“, sottolinea l’Istat, “l’apporto dei consumi privati è stato fortemente negativo“.

La spesa effettuata dalle famiglie in Italia, sul territorio, ha registrato una diminuzione in termini congiunturali del 7,5%. Un crollo che risente in particolare della discesa degli acquisti per i beni durevoli (-17,5%), dalle auto ai mobili. Forte il decremento anche per i beni semidurevoli, in cui rientra l’abbigliamento, (-11,4%). Giù pure il dato relativo ai servizi (-9,2%). Molto più contenuta la flessione per i beni non durevoli, classificazione dove sono compresi gli alimentari (-0,9%).

Per contro, la variazione delle scorte ha contribuito positivamente alla variazione del Pil per 1 punto percentuale, mentre il contributo della domanda estera netta è risultato pari a -0,8 punti percentuali. Si registrano andamenti congiunturali negativi del valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura e servizi diminuiti rispettivamente dell’1,9% e del 4,4%. Ancora più marcata invece la contrazione dell’industria, che registra un calo del valore aggiunto dell’8,1%.

“Alla contrazione dell’attività produttiva ha corrisposto una decisa riduzione dell’input di lavoro in termini sia di ore lavorate sia di unità di lavoro a tempo pieno”, rileva l’Istat nel commento ai dati sul Pil del primo trimestre.
“In un contesto di sostanziale stabilità delle posizioni lavorative”, dovuto al blocco dei licenziamenti introdotto dal governo con il decreto Cura Italia e poi prorogato con il dl Rilancio, le ore lavorate hanno registrato una diminuzione del 4,4%. Questo risultato, evidenzia l’Istat, è dovuto ad un calo del 2,4% dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, del 6,7% dell’industria in senso stretto e del 7,6% delle costruzioni, mentre i servizi registrano una riduzione del 3,8%. Le unità di lavoro sono diminuite in totale del 5,2% per effetto di un calo generalizzato in tutti i comparti.

Inflazione: nell’eurozona cala allo 0,1%, in Italia torna in negativo
A maggio, a causa degli effetti dell’emergenza coronavirus, il tasso annuo d’inflazione nei 19 Paesi dell’Eurozona è sceso allo 0,1% rispetto allo 0,3% di aprile: questa la prima stima resa nota oggi da Eurostat. Sull’andamento dell’indice ha inciso il crollo del 12% registrato dai prezzi del settore energia (-9,7% ad aprile). Un aumento del 3,3% è stato invece registrato per gli alimentari (3,6%in aprile). Si avvicina il rischio di una deflazione, che innescherebbe una recessione ancora più grave e un aumento del peso del debito. In Italia a maggio l’inflazione è tornata negativa per la prima volta da ottobre 2016: si registra una diminuzione dello 0,1%. L’Istat sottolinea però che a determinare questo andamento è soprattutto la flessione dei prezzi dei carburanti

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