Il caso Dominic Cummings – il consigliere capo del premier britannico accusato di aver violato le restrizioni del lockdown – comincia a far sentire i suoi effetti nel gabinetto di Boris Johnson: in risposta alle sue mancate dimissioni arrivano quelle di Douglas Ross, sottosegretario al ministero per la Scozia, che lascia il suo incarico per protesta. Secondo Ross, la maggioranza del Paese non accetta l’autodifesa di Cummings e l’interpretazione delle regole con cui si è giustificato. Ma soprattutto, tra le righe, la difesa a oltranza di Johnson.

Cummings – considerato la vera eminenza grigia di Downing Street e noto per essere l’architetto della Brexit – a fine marzo, in pieno lockdown, si è trasferito insieme alla moglie e al figlio di 4 anni da Londra a Durham, a quasi 500 chilometri di distanza. Ha poi giustificato la scelta di isolarsi in una proprietà di famiglia coi sintomi del coronavirus, definendola “legale e ragionevole” poiché motivata da uno stato di necessità familiare. Spiegazione che ha accettato Johnson.

Invece il sottosegretario dimissionario, giovane esponente dei Tory scozzesi, si richiama al rispetto scrupoloso delle restrizioni del lockdown di tanta gente comune e cita l’esempio di elettori del suo collegio. “Io conosco elettori – scrive – che non hanno potuto dire addio a dei loro cari, famiglie che non hanno potuto piangere insieme, persone che non hanno visitato familiari malati per seguire le linee guida del governo. Non posso in buona fede dir loro che essi hanno tutti sbagliato e che un consigliere senior del governo ha avuto ragione”.

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