Sostengono che la crisi abbia messo in luce le strutturali debolezze di un’economia capitalistica “ossessionata dalla crescita”, di un sistema sanitario paralizzato da anni di austerità, di una filosofia che credeva nella crescita verde e nel “decoupling”, nella possibilità illusoria di uno sviluppo illimitato senza degrado ecologico. Preoccupati di una fase due in cui si tenta di ritornare a una normalità che in realtà era già una crisi, mille esperti e attivisti di oltre 66 organizzazioni di diversi paesi, tra cui la capitana Carola Rackete, ma anche George Monbiot, Jason Hickel, Ugo Bardi, Paolo Cacciari, Mauro Bonaiuti, hanno pubblicato una lettera aperta – che si può firmare qui – in cui si chiede di adottare il paradigma della decrescita per far fronte alla crisi indotta dal virus e costruire una società più giusta e sostenibile.

“Il coronavirus è stato solo un acceleratore di un momento di crisi sistemica, che è ecologica, sociale, di giustizia globale e transgenerazionale”, spiega Michel Cardito, giovane medico e co-presidente del Movimento italiano per la decrescita felice. “È vero, ha consentito una riflessione ampia da parte di alcune fette della popolazione e una piccola parte dell’establishment politico sulla necessità di un nuovo approccio, ma purtroppo quello che stiamo vedendo in queste settimane è un invito a riprendere al più presto la situazione precedente, che era di crisi, di aumentare la produzione e il pil, dimenticando di nuovo che la salute viene prima di tutto”.

Cinque sono i punti che la lettera mette in luce, al fine di reimmaginare il futuro dopo la crisi del coronavirus e avviare una transizione verso una società radicalmente diversa, dove al centro ci siano le persone e il pianeta prima delle imprese. Primo punto: mettere la vita al centro dei nostri sistemi economici: “Combustibili fossili, esercito, pubblicità sono settori che vanno abbandonati, a favore di sanità, istruzione, energie rinnovabili, agricoltura ecologica”. Poi rivalutare quanto e quale lavoro è necessario per una buona vita per tutti: “Occorre dare più enfasi al lavoro di cura e consentire ai lavoratori delle industrie distruttive di accedere alla formazione per nuovi tipi di lavoro rigenerativo e pulito”. Nel complesso, occorre “ridurre l’orario di lavoro”.

Terzo punto: organizzare la società intorno alla fornitura di beni e servizi essenziali. “Se da un lato dobbiamo ridurre gli sprechi e gli spostamenti, i bisogni umani primari – diritto al cibo, alloggio, istruzione – vanno garantiti a tutti attraverso servizi di base universali o schemi di reddito di base universali”. E ancora, democratizzare la società: “Permettere a tutte le persone di partecipare alle decisioni che riguardano la loro vita, in particolare i gruppi emarginati dalla società. I settori legati ai bisogni di base vanno demercificati e definanzializzati, mentre va ridotto il potere delle multinazionali globali e del settore finanziario”. Infine, ultimo punto: basare i sistemi politici ed economici sul principio di solidarietà. “La redistribuzione e la giustizia deve essere la base per la riconciliazione tra generazioni attuali e future, gruppi sociali tra i paesi e tra i paesi del sud e del nord del mondo. La giustizia climatica deve essere il principio che guida una rapida trasformazione socio-ecologica”.

“Per dirlo in sintesi, dovremmo ripartire lavorando sul concetto di “humus”, terra, che è tutto ciò che può rafforzare le radici affinché al primo temporale la pianta non crolli”, commenta Lucia Cuffaro, l’altra co-fondatrice del Movimento, esperta di autoproduzione e scrittrice. “Ci siamo resi conto di avere radici fragili, lo stesso sistema economico ha radici fragili, per questo occorre ripartire da cosa ci può dare solidità. Ad esempio migliorare la propria autosufficienza a livello alimentare, lavorare sulla prevenzione, mangiare cibo non frutto di allevamenti e agricoltura intensivi. D’altronde anche chi ha soldi oggi ha capito che il benessere delle relazioni è prioritario all’accumulazione”. “La pandemia, per quanto dolorosa, è solo un sintomo di un sistema malato, basti pensare alla molto più grave crisi climatica e ambientale. Per questo la crisi attuale è un’occasione che non va sprecata, per avere un futuro migliore e più equo”, conclude Karl Krähmer, componente del direttivo del Movimento per la decrescita felice italiano.

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