Tra il 2017 e il 2018 furono i protagonisti di una mobilitazione durata mesi, Natale e Capodanno compresi. Con un sit-in permanente davanti ai cancelli dell’azienda, la Castelfrigo di Castelnuovo Rangone nel modenese, specializzata nella lavorazione dei salumi. Oggi, l’ultimo capitolo della vicenda dei 70 ex-operai in appalto, lasciati a casa dalle cooperative due anni fa. Per loro, fa sapere la Flai Cgil di Modena, una seconda procedura di licenziamento collettivo, allo scopo di “salvare la responsabilità delle società committenti“. Si tratta di “un licenziamento con la clausola sub condicione.” Ossia “nell’eventualità che qualche giudice, al termine delle varie cause pendenti al tribunale di Modena, riconosca che i lavoratori degli appalti delle coop sono stati direttamente dipendenti della Castelfrigo Srl“. A quel punto, invece di essere riassunti, “saranno automaticamente già licenziati“.

Per capire meglio cosa è accaduto, bisogna fare un passo indietro (la loro storia fu raccontata in un reportage del Fatto.it). Nel 2017, oltre 120 lavoratori delle cooperative, che hanno in appalto la logistica della Castelfrigo, denunciano sfruttamento e irregolarità nelle buste paga e nel versamento dei contributi. Vengono licenziati, ufficialmente per un cambio d’appalto. Da qui lo sciopero, con un presidio a oltranza davanti all’entrata. Solo una parte di loro però viene reintegrata. Così 70 lavoratori, assistiti dalla Cgil spostano la questione in tribunale, chiedendo il riconoscimento del lavoro dipendente. La causa è tuttora in corso.

Nel frattempo però la Castelfrigo fallisce e a marzo viene venduta all’asta all’Inalca, del gruppo Cremonini, altro colosso delle carni. Nell’acquisizione vengono ricompresi tutti i lavoratori con il contratto in essere, quindi dipendenti e assunti con agenzie interinali.

“Il primo licenziamento – ricostruisce la Cgil – era avvenuto il 31 dicembre 2017, quando Castelfrigo tagliò gli appalti per sbarazzarsi dei lavoratori scomodi e le cooperative appaltatrici licenziarono i lavoratori una prima volta”. La procedura del secondo licenziamento si è conclusa invece il 28 aprile, sotto la supervisione dell’Agenzia regionale per il lavoro, in videoconferenza con i curatore fallimentare della Castelfrigo e le organizzazioni sindacali territoriali di Flai-Cgil e Uila-Uil. Gli operai, dunque, vengono prima licenziati dalle coop e poi dalla stessa Castelfrigo in fallimento, prima ancora di esser riassunti. Vengono considerati dipendenti, quindi, solo per essere licenziati. Un espediente giuridico, che il segretario della Flai Cgil di Modena Marco Bottura definisce “scorretto, artificioso e ingiusto, tanto più se elaborato da un organo di garanzia come una curatela fallimentare”. Il mancato accordo, spiega, “permetterà alla ‘Fallimento Castelfrigo srl’ di licenziare i 70 lavoratori che hanno chiesto al tribunale il riconoscimento del rapporto di lavoro dipendente e di evitare così ulteriori rivendicazioni sia verso la vecchia società, sia verso la nuova società”

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