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Il coronavirus miete un’altra vittima eccellente: la comunicazione scientifica. Ecco gli errori da evitare

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di Emanuele Bompan

Tra le tante vittime del coronavirus va annoverata anche la comunicazione scientifica. Dal virus che “vola nell’aria per ore” al 5G che per voce di “esperti” diventa il motore della pandemia, con tanto di decine di attacchi a centraline in Gran Bretagna, passando per una galassia di cure ipotetiche vendute come miracolose. Giornalisti, pseudo-opinionisti ed esperti, presi dalla drammatica foga dell’urgenza, in numerosi casi hanno violato il principio di precauzione della comunicazione scientifica. I cittadini, attanagliati dalle paure hanno dimenticato l’adagio “il modo in cui cerchiamo e condividiamo informazioni può migliorare o peggiorare le cose”.

Ci siamo fatti contagiare dall’estrema smania mediatica: chi a pubblicare una notizia ad ogni costo e prima di tutti – più scandalosa tanto meglio – chi a fagocitare una sovrabbondanza mostruosa di informazioni, da una pletora di canali, perdendo di vista la necessità di usare cautela sulla produzione e consumo di informazioni inerenti al virus. Un’infodemia, una piaga fatta di migliaia di articoli mal scritti, messaggi whatsapp non verificati, video virali dove la comunicazione scientifica e ambientale si piega alla rabbia.

Riteniamo opportuno dunque operare una serie di chiarimenti sugli errori dei comunicatori in questi mesi, in particolare sulla correlazione ambiente-coronavirus (optando di tralasciare la questione delle decisioni intraprese da governo e Regioni) per cercare di comprendere quali sbagli sono stati commessi e come poter procedere con più ponderatezza nei complicati mesi che verranno. Non solo: riconoscere gli errori commessi e le falle della comunicazione oggi ci potrà aiutare ad affrontare al meglio l’emergenza climatica domani.

Ecco gli errori dei comunicatori >>

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