Non si hanno date nè dettagli ufficiali, ma la Fase 2 è ormai il dossier principale sul tavolo del governo. E anche l’argomento che anima il dibattito nel Paese. Per questo motivo a Palazzo Chigi hanno cominciato a dedicarsi in modo serrato al capitolo riaperture: quando allentare il lockdown? In che modo? E seguendo quali criteri? Mentre la task force guidata da Vittorio Colao lavora ormai a pieno ritmo, il presidente del consiglio ha cominciato una serie di vertici per valutere tempi e modi delle riaperture. In serata fonti di Palazzo Chigi riferendo della riunione in videoconferenza della cabina di regia tra il presidente Conte, i ministri Boccia e Speranza e le delegazioni delle Regioni, dei Comuni e delle Province spiegano che “le Regioni hanno convenuto sulla opportunità di avere delle linee guida nazionali in modo da gestire in modo coordinato e uniforme questa ripresa delle attività economiche” e che le Regioni hanno chiesto di “posticipare, rispetto alla prima fase della riapertura, la mobilità extraregionale”.

I vertici del premier – Alle 16 il premier ha convocato una riunione con i capi delegazione di maggioranza, cui ha preso parte anche il sottosegretario Riccardo Fraccaro. Poi ha visto in videoconferenza Colao e alcuni esponenti del comitato tecnico scientifico, tra cui il presidente dell’Istituto superiore della sanità Silvio Brusaferro e il presidente del Consiglio superiore della sanità Franco Locatelli. Quindi, poco prima delle 20, è iniziata la cabina di regia con i rappresentanti di Regioni e Comuni. Al fianco del premier i ministri degli Affari regionali e Salute, cioè Francesco Boccia e Roberto Speranza. In videoconferenza i governatori delle regioni e i rappresentanti degli enti locali. Oggetto del vertice: iniziare a tracciare la prima graduale fase di allentamento del lockdown. Otto giorni fa, quando aveva prorogato le misure restrittive, il premier aveva auspicato di ripartire dopo il 3 maggio “con cautela e gradualità ma ripartire: dipenderà dai nostri sforzi. La nostra determinazione è allentare il prima possibile le misure per tutte le attività produttive per far ripartire quanto prima in piena sicurezza il motore del nostro Paese a pieno regime: non siamo ancora nella condizione di farlo, dobbiamo attendere ancora”.

Zaia: “Allentare misure da subito” – Fino a oggi il governatore che più ha spinto per una riapertura immediata è Luca Zaia. “La mia posizione è che il 4 maggio si possa aprire con le regole e con le garanzie scientifiche: si volesse fare un passo in più si potrebbe allentare da subito, in modo razionale, prudente e ragionato”, dice il presidente del Veneto. L’idea è quella “di un ragionato programma di aperture per mettere in moto la macchina, scaldare i motori e poi andare a regime”, in un’ottica, comunque, “di messa in sicurezza”. Per prima cosa, dice Zaia, “pensiamo a mascherine, guanti dove si posso portare, distanziamento sociale”. Il governatore però ammette anche che “il tema del ritorno del Covid-19 in autunno è realtà”, concordando con la posizione del professor Walter Ricciardi. “Dovremo tutti essere a quel punto in perfetta forma fisica e molto performanti dal punto di vista sanitario”, dice Zaia.

Toti: “Oggi iniziamo a tracciare fase 2”. E la Toscana scrive a Conte – Il vicepresidente della Conferenza delle Regioni e governatore della Liguria, Giovanni Toti, invece, è contrario al divieto di trasferimento da una regione all’altra, ipotizzato nella prima parte della fase 2: “La chiusura delle regioni è incompatibile con la ripresa economica e sociale che si basa sulla mobilità, semmai bisogna consentire spostamenti in modo graduale e per categorie”. Sul vertice col governo, Toti ha spiegato che “iniziamo a tracciare la fase 2, cercando un equilibrio tra due obiettivi imprescindibili che sono sicurezza e salute dei cittadini e, al contempo, la ripresa del sistema socio-economico ligure”. Prima del vertice il presidente della Toscana, Enrico Rossi, ha scritto una lettera al premier per chiedere di far ripartire i settori che esportano una rilevante quota della propria produzione. “L’export della Toscana – scrive Enrico Rossi – è stato alla base della capacità di reazione alle ultime crisi economiche”, ma il problema ora è che all’estero si continua a lavorare: il rischio è perdere elevate quote di mercato difficili da recuperare se si protrae la chiusura. Da qui la richiesta di riaprire, con “procedure di sicurezza restrittive, messe a punto con un confronto con le forze sociali e previste in un’ordinanza appena firmata”. Sempre in Toscana la Regione ha siglato un accordo preliminare con Cgil, Cisl, Uil per individuare specifici protocolli di sicurezza che valgano per diversi settori.

Le Regioni del Sud: “Riaperture? Cautela” – Diversa, fino a prima del vertice, l’opinione dei presidenti delle regioni meridionali. “De Luca vuole chiudere, io qui non ho mai aperto. Non ci faremo certo prendere dalla fretta adesso. I confini sono chiusi dal 7 marzo, ancora prima che lo facesse il governo, perché abbiamo cercato di evitare l’esodo dei fuorisede. Le cose non sono cambiate, qui è ancora tutto blindato. Per il futuro valuteremo in base ai dati”, annuncia la governatrice della Calabria Jole Santelli. Che in pratica condivide la “minaccia” del presidente della Campania, su una possibile chiusura dei confini regionali al Sud in caso di ripartenze differenziate con una fuga in avanti del Nord. “Sono un fan di De Luca, mi mette di buon umore. Ma non si può fare. E non è il momento per regolare i conti con le tante umiliazioni subite dall’arroganza del Nord”, ha detto invece al Fatto il governatore della Puglia Michele Emiliano. “Quando le cose vanno male – osserva – i popoli devono essere uniti. E noi siamo italiani. Permane il racconto di un Sud votato al disastro e di un Nord con Milano prima della classe. Può capitare che chi è votato al disastro se la cavi, come succede di commettere errori e disastri ai primi della classe. Ma non giudico la Lombardia“.

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