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di Andrea Taffi

In questa gravissima emergenza sanitaria ed economica generata dal coronavirus, i vertici del potere politico dell’Unione europea non ci aiutano, non aiutano l’Italia nella creazione di un sistema che altro non è che il precipitato di un principio di solidarietà e di condivisione di fronte ai pericoli, tutt’altro che ipotetici, di una futura crisi economica di portata mondiale.

Mai come in questo momento, in Italia l’Unione europea è criticata, con una forza, un’indignazione tali da far sembrare gli affondi politici dei sovranisti di qualche mese fa delle polemiche all’acqua di rose.

Diciamo la verità: in questo momento, in Italia, chi più chi meno, chi dall’alto del suo ruolo istituzionale, chi dal divano o dal balcone di casa sua, chi con stile chi con minore compostezza ed eleganza, ce l’ha con l’Unione europea, con i suoi vertici politici, con chi decide per tutti, nel nome di un ideale che non sembra più essere di tutti.

Secondo me, però, questo atteggiamento nei confronti dell’Italia non è iniziato quando le necessarie e inevitabili restrizioni alle limitazioni alla circolazione delle persone e alle attività economiche hanno fatto capire che avrebbero innescato una irreversibile crisi economica, no, è iniziato prima, quando ancora l’emergenza coronavirus aveva un solo aspetto, quello sanitario, quando quell’unico aspetto sembrava riguardare, in Europa, soltanto l’Italia.

Anche quando nel nostro Paese il governo si vedeva costretto a prendere le prime decisioni sulle libertà personali, in molti paesi europei si irrideva l’Italia e la sua gestione dell’emergenza sanitaria. Come se il pensare che il virus si propagasse nel resto dei paesi europei così come aveva fatto in Italia fosse una battuta di spirito di pessimo gusto.

Adesso, per via di quei ritardi nel gestire il pericolo da parte dei paesi europei; per via dell’ottusa convinzione che quella del coronavirus fosse una questione soltanto italiana, in tutti quei paesi si capisce di aver sprecato un sacco di tempo prezioso. In tutto questo tempo, i paesi europei, invece di ironizzare sull’Italia, invece di fare finta di niente, come se il coronavirus si divertisse solo a prendere di mira gli italiani, avrebbero dovuto prendere esempio dall’Italia, dai suoi sforzi per fronteggiare un’emergenza sanitaria inimmaginabile fino a qualche mese fa.

L’assenza dell’Europa, della solidarietà europea, della collaborazione europea hanno origini più lontane e, per certi versi, più drammatiche del niet alla proposta italiana (ma ora anche francese, spagnola, irlandese) degli eurobond. La solidarietà ha una base morale: il rispetto. Ebbene, se l’Unione europea vuole essere amata dalla gente, deve imparare a rispettare gli Stati in cui questa stessa gente vive, lavora, produce.

Il coronavirus è la cartina di tornasole della mancanza di questo rispetto. Si può essere rigoristi o più inclini ad aperture di credito, pretendere il pareggio di bilancio o concedere sforamenti, ma non si è veramente europei se non si rispettano i paesi che ne fanno parte, soprattutto quelli che hanno dato un fattivo contributo alla fondazione dell’Europa come comunità economica e non solo.

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