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di Fabio Coglitore, infermiere

Cari lettori,
Con mio grande rammarico, devo constatare come troppa gente non abbia ancora capito la gravità della situazione. Vi farò quindi un esempio pratico, reale, raccontandovi la vita attuale di colleghi impegnati negli ospedali di Fidenza, in provincia di Parma.

Arrivano in ospedale già stanchi, perché la maggior parte di loro fa doppi turni e salta riposi anche per due settimane consecutive; per tutto il turno resteranno con maschere, tuta protettiva, occhiali e guanti (che provocano un caldo infernale, lesioni della pelle ed ematomi).

I ritmi sono sostenuti e incessanti per (se va bene) otto ore, senza pause, senza possibilità di bere o mangiare, senza poter fermarsi per fare pipì.

A fine turno, vanno nello spogliatoio stanchi, sudati e deboli; uscendo poi, passano di fronte all’obitorio e alla cappella dell’ospedale, strapiena di bare. Tornano a casa senza voglia di mangiare e all’improvviso scoppiano in pianti interminabili in un angolo.

A letto, stremati, dormono male e poco, perché hanno paura, perché, sempre più spesso, tra i pazienti trovano pure qualche collega, che ha combattuto al loro fianco, ma al virus questo poco importa.

Ieri la fondazione Gimbe ha pubblicato un rapporto in cui si legge che l’otto per cento dei contagiati totali in Italia sono operatori sanitari, 2629 persone.

Lo so, a voi sembra una tortura stare a casa, essere privati anche di piccoli momenti quotidiani. Ma loro, e altre migliaia di colleghi, scendono all’inferno ogni giorno con un rischio altissimo.

Vi prego, state a casa.

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