Il governatore leghista Luca Zaia aveva annunciato un “piano Marshall” per affrontare la situazione sempre più drammatica in Veneto. Adesso comincia a spiegare di cosa si tratta: una razionalizzazione del sistema, la scelta di ridurre interventi o servizi non essenziali, ma anche la riapertura di ospedali chiusi da anni (in nome del risparmio e dei tagli di spesa) per creare nuovi posti letto, non solo di terapia intensiva. “Siamo in guerra” ha spiegato Zaia, confermando al previsione di due milioni di contagiati a metà aprile se non riesce a invertire la tendenza. “Abbiamo previsto un picco massimo nelle terapie intensive il 5 maggio. L’algoritmo dice che, se continua così, andiamo verso l’esaurimento dei posti base di terapia intensiva, a quel punto si attiveranno i 150 accessori, e speriamo di averne creati di nuovi”. Ha perfino ipotizzato di “organizzare un aereo per riuscire ad andare a comprarci macchine respiratorie, sempre che ce siano, in Cina”.

Ecco le principali misure: sospensione con effetto immediato di tutta l’attività chirurgica programmata e ambulatoriale, gli ospedali garantiranno solo le emergenze. Per reperire posti letto di area intensiva è sospesa l’attività chirurgica non urgente che richieda ricovero in terapia intensiva post operatoria. Ad eccezione degli interventi indifferibili per le condizioni cliniche dei pazienti, è sospesa anche l’attività di specialistica ambulatoriale pubblica e privata convenzionata. Uniche eccezioni le categorie temporali U (urgente) e B (breve) e gli ambiti materno-infantile e oncologico. Per il momento la nuova organizzazione operativa è valida fino al 15 aprile. Il personale libero dai reparti che riducono l’attività verrà quindi impiegato nella gestione dei posti letto aggiuntivi sia di terapia intensiva che semi-intensiva.

In tutto il Veneto vengono poi chiusi gli Uffici per le Relazioni con il Pubblico e gli sportelli di prenotazione (incremento delle prenotazioni telefoniche). Le risposte dei referti di laboratorio e degli esami strumentali saranno inviate per posta a domicilio dell’utente, se non accessibili online. La distribuzione diretta dei farmaci sarà limitata a quelli ospedalieri, erogando fino a 3 mesi di terapia dopo la dimissione da ricovero o a seguito di visita specialistica. Sarà utilizzato il canale delle farmacie territoriali utilizzando il flusso della distribuzione ordinaria di tutti i farmaci. Restano inalterate le attività relative all’assistenza psichiatrica. Sospensione dei vaccini, salvo quelli urgenti o non differibili (calendario vaccinale pediatrico da 0 a 6 anni, sorveglianza delle malattie infettive). Rimangono l’attività di screening oncologico di secondo livello e le attività di certificazione medico legale con carattere d’urgenza.

Per il momento non si sa come procederà la campagna di tamponi alla ricerca degli asintomatici, che però sono temibili diffusori del morbo. Il professore Andrea Crisanti dell’Università di Padova aveva annunciato che potrebbe entrare in funzione una task-force per fare 100mila tamponi in poche settimane. La Regione Veneto è alla ricerca spasmodica di mascherine e respiratori. “Sul mercato non se ne trovano. – ha detto Zaia – Il Veneto ha i suoi respiratori e possiamo averne per creare 600 posti di terapia intensiva però è pur vero che questa crisi si respira a 360 gradi ed è una difficoltà che hanno tutte le regioni”. E continua il giallo delle mascherine sparite. Ne erano state ordinate 500mila, sono arrivate in porto, sdoganate, e sono scomparse. “Il carico era stato venduto a tre realtà diverse – ha spiegato Zaia – e noi queste mascherine non le abbiamo mai viste”.

Intanto si pensa di riaprire vecchi ospedali. A Jesolo è già stato predisposto un reparto. Ma altre strutture potrebbero essere reperite nella zona Pemontana (Valdobbiadene in provincia di Treviso) o in pianura (vecchio ospedale di Monselice). E si progetta di crearne una apposita per provincia destinata solo ai malati di coronavirus.

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