A leggere le statistiche sembra un bollettino di guerra: sono migliaia gli incidenti che ogni anno si verificano in Italia a causa delle fughe di gas metano. Oltre 3000, invece, sono i morti all’anno per incidenti stradali e oltre 80mila i decessi prematuri per esposizione a lungo termine a polveri sottili (Pm10 e Pm2.5), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3), dei quali il traffico è uno dei principali responsabili, insieme ai sistemi di riscaldamento delle nostre case.

L’accesso all’energia, così come la mobilità, risultano essere le principali “necessità” che oggi ci risultano sempre più indispensabili. Ma è davvero così? O meglio: accettato il fatto che utilizzare l’energia, nelle sue diverse forme, è indispensabile per l’uomo, siamo certi che non si possa farlo abbassandone drasticamente gli impatti negativi? Certamente non del tutto, ma qualcosa si può fare puntando l’attenzione sul solito tema: il cambiamento del modello di sviluppo economico per il nostro Paese.

Prendiamo l’esempio di Roma. Essendo la capitale, rappresenta la città che più di altre dovrebbe avere una visione, tracciare una strada, essere di esempio. Soprattutto sui temi ambientali, sempre più al centro del dibattito internazionale. La scadenza per la consegna del Piano di azione per l’energia sostenibile e il clima (Paesc) da parte di Roma Capitale è stata prorogata da novembre 2019 ad agosto 2020. Il Piano, che si pone l’obiettivo di ridurre le emissioni climalteranti del territorio di almeno il 40% entro il 2030, rappresenterà la visione della città del futuro.

Viste le dichiarazioni della nuova presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ci si aspetta che chiunque – città o Stato – faccia programmi di pianificazione tenga conto che, ormai, il livello di riduzione delle emissioni di gas serra al quale bisogna tendere al 2030 è dell’ordine del 50-55%. Se possibile, già spingersi oltre il 60%, al fine di avere maggiori garanzie di poter raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi (decarbonizzione totale entro il 2050).

Tra le azioni che la città di Roma potrà considerare e inserire nel Paesc, tra l’altro già proposte nell’ambito della bozza lasciata in eredità dalla precedente assessora Montanari, ne ricordiamo due che, nell’orizzonte 2030-2050, hanno ottime possibilità di essere realizzate e che riguardano i temi “energia” e “sicurezza” di cui ci occupiamo in questo post. Ma bisogna crederci, da subito:

1. Eliminare gradualmente il ricorso all’utilizzo del gas metano in città per usi termici e sostituirlo con il teleriscaldamento, o quantomeno incentivare il ricorso a centrali termiche inter-condominiali per ridurre gli sprechi. In sostanza, significa portare all’interno delle nostre abitazioni della semplice acqua calda al posto del gas metano, che attualmente viaggia in un reticolo urbano di oltre 5.000 km.

Bruciare gas metano in una centrale per produrre acqua calda da dirottare poi nelle case è molto più efficiente che non bruciare lo stesso metano (in realtà molto di più) in milioni di caldaiette da appartamento. Se poi nella centrale si bruciasse biomassa locale coltivata in modo sostenibile al posto del metano, ancora meglio: magari si riuscirebbe ad evitare la costruzione di mega-opere per far arrivare questo combustibile fossile da altri continenti, con impatti devastanti sui territori e rilasci di inquinanti in atmosfera nelle fasi di estrazione e trasporto, oltre che nel consumo finale.

Considerando poi che, in media, le perdite di gas nelle condutture cittadine possono risultare nell’ordine del 5-7%, con conseguente massiccia emissione di gas climalteranti (il metano è un gas serra il cui effetto – in termini di riscaldamento dell’atmosfera – è 80 volte superiore a quello della CO2 nei primi 20 anni dopo l’emissione), passare al teleriscaldamento comporterebbe una cospicua riduzione di tali emissioni. Inoltre, si azzererebbe il rischio di fughe di gas e scoppi che, negli ultimi 30 anni, hanno fatto registrare decine di morti nella sola capitale. Eppure, non ci sarebbe che da estendere, più che possibile, quanto già fatto nel quartiere Torrino, nella zona sud della città, ove già da diversi anni si riscaldano le case e l’acqua con un sistema di questo tipo.

2. Ridurre, gradualmente ma drasticamente, la circolazione di auto private, potenziando al contempo il sistema di trasporto pubblico. Come suggerito in un precedente post, la sindaca Raggi dovrebbe prendere seriamente in considerazione il lavoro svolto da alcuni dipartimenti di Roma Capitale che avevano redatto una roadmap per la progressiva limitazione dei veicoli inquinanti (tutti, dai motorini alle auto, includendo anche i mezzi pubblici), in tutta la città.

Tra le misure per migliorare il servizio di trasporto pubblico, è senz’altro molto positivo il già annunciato completamento dell’anello ferroviario, con la riattivazione della stazione di Vigna Clara entro la fine dell’anno. Tra i molteplici altri interventi possibili, andrebbe considerato anche l’aumento del numero dei taxi (a Roma ci sono 24 taxi ogni 10mila abitanti, a Parigi 79, a Londra 83 e 99 a Barcellona), che faciliterebbe l’abbassamento delle tariffe e lo renderebbe veramente un servizio “competitivo” e alternativo all’uso dell’auto di proprietà (a Roma vi sono 72 auto per 100 abitanti, uno dei livelli più alti di densità), contribuendo all’eliminazione graduale delle auto in sosta lungo le strade cittadine.

Quindi, forza e coraggio! Ci sono più di 12 mesi prima della conclusione di questa consiliatura. Invece di pensare già alla campagna elettorale per il 2021, qualcosa per questa città, volendo, si può ancora fare.

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