Premessa: in questa puntata di Kitikaka il morbo di Totò Schillaci ci ha infettati. Senza che ce ne accorgessimo lo schillacese ha stravolto parole e sillabe della nostra rubrica settimanale. E il virus è così aggressivo che nemmeno il correttore di bozze, la rilettura del capo servizio e dell’impaginatore sono riusciti a correggerlo.

“Non compriamo uno qualunque per fare qualunquismo”. Ma anche: “È stato un avversario molto ostico ma anche agnostico”. Se pensavate di aver sentito tutto dopo il Trap e l’Arrigo, ebbene, è ora di un clamoroso aggiornamento. Sturatevi bene le orecchie. A Quelli che il Calcio su Rai2 è accaduto l’impossibile. Una parolina piccina piccina, semplice semplice, quasi impercettibile. Una consonante appena scambiata. Un exploit lessicale che dovrebbe far tornare in servizio anche solo per una sera la Gialappa’s Band. Il protagonista è sempre lui: Totò Schillaci. Il bomber di Italia ’90 non poteva lasciare nulla di impunito. Già quindici giorni fa era riapparso improvvisamente dall’olimpo del ricordo sempre chez Luca&Paolo.

Un po’ di stretching sulle sillabe tronche. Una corsetta di riscaldamento sui congiuntivi. Un graduale riavvicinarsi ai 90 minuti nelle gambe grazie a qualche palleggio con un suo must: il pronome alla bersagliera. Tanta sicumera, Totonno. Tutta bella avvoltolata in un outfit da hipster trentenne, tatuaggi ovunque, scarpina da tennis bianca, jeans slim e soprattutto il cespuglio nero corvo sul capoccione. Un gioiello di ingegneria tricologica che ha fatto trasalire perfino Cesare Ragazzi. Solo che Schillaci il cioccolatino ce lo aveva scartato quando meno ce lo aspettavamo. Una chiacchierina tra amici ed eccolo con una frase non proprio da top 10 ma al massimo da top 20: “I gol bello ne ho fatte”. Bene, bravo. Il lupo perte il pelu ma non il vischio. Insomma, la ginga è ancora dei tempi migliori. Il punto però è alzare l’asticella dello strafalcione. Superarsi gettanto il quore oltre l’ostacolo. Mia Ceran ce lo aveva promesso in un tweet: Totò tornerà.

E Totò è tornato. L’avevamo detto: Totò che visse due volte. Ma anche tre, quattro, cinque. Datecelo tutte le domeniche, perché il calcio in tv d’ora in poi non sarà più lo stesso. Questa volta il bomber di San Giovanni Apostolo, uno che tra il ’94 e il ‘97 ha rifilato 58 pappine ad Holly e Benji con la maglia dello Jubilo Iwata (“guarda che c’è il Giappone che ti vuole… e dove si trova il Giappone?”, ipse dixit), ha fatto melina per tutta la puntata. Furbo come una lince. Scaltro come un puma. Sornione come un catto. Schillaci ha atteso ancora una volta la dormita del difensore per artigliare la storia del lessico familiare italiano.

In collegamento dall’Allianz Stadium di Torino per seguire Juventus-Brescia, Totò, Ray-Ban a goccia scuri modello sicario, ha atteso tutto il match per affondare il coltello nella piega. Sempre qualche rapida, inutile, considerazione regalata ai poster: “Come finirà Lazio-Inter stasera?”, “È una bella partita al di là del risultato” (notare il tempo presente della risposta). Sempre qualche mezza parola smozzicata con il collega di sedia a rubargli primi piani. Calma piatta anche quando Cuadrado entra in scivolata, piede a martello, bomba a mano tra i denti, katana a tagliare stinco e caviglia ad un avversario bresciano, senza ricevere nemmeno un giallo. Schillaci se ne sta muto, alza il ditino ma poi lo riabbassa subito. Niente dribbling, nessun doppio passo alla Pascutti. Totò attende il gol ad effetto. Il morso del cobra. Eccolo allora sfoderare un colpo da maestro di geometria appena la Juve raddoppia. Un cucchiaio linguistico che Francesco Totti si sarebbe sognato in cartolina. Una roba inavvicinabile pure da quel Carletto Mazzone quando in una imprecisata intervista anni Novanta elogiò un giocatore chiamandolo Miailoc (era Mihajlovic). Ebbene Totonno in un crescendo di suspense prende la parola dallo stadio. In mezzo al frastuono dei tifosi festanti si prende lui l’onere di mettere a referto il marcatore. Totò chi ha segnato? E lui: “Cuadrato”. Cuadrato senza q, ovviamente.

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