Una stretta di mano negata tra Bernie Sanders ed Elizabeth Warren. Una discussione molto teorica sulla possibilità che una donna possa battere Donald Trump. Qualche ovvietà, e qualche bugia, in politica estera. Il dibattito organizzato da Cnn a Des Moines – l’ultimo prima dell’inizio delle primarie in Iowa, il 3 febbraio – ha confermato che i democratici entrano nella fase finale delle presidenziali 2020 senza un candidato forte e senza un’energica alternativa a Trump. I sei sfidanti – Sanders e Warren, e poi Joe Biden, Amy Klobuchar, Pete Buttigieg e Tom Steyer – hanno discusso piuttosto civilmente su molte cose: dall’Iran alla riforma sanitaria all’impeachment. Sono mancati però slancio, passione, la capacità di organizzare un programma attorno a un’idea forte di società.

Il linguaggio del corpo – Il momento più interessante della serata è arrivato alla fine del dibattito, con i saluti tra i candidati. Elizabeth Warren si è avvicinata a Bernie Sanders, che ha fatto il gesto di stringerle la mano. Warren ha ritirato la sua e tra i due è seguito uno scambio acceso, con il senatore del Vermont che prima di andarsene ha puntato il dito, in modo piuttosto minaccioso, contro Warren. Non è dato sapere cosa si siano detti (immediatamente sui social è scattata la gara a chi sa meglio leggere le labbra). Sicuramente il linguaggio del corpo è stato abbastanza esplicito. Warren e Sanders pescano voti negli stessi settori progressisti. Il tempo della competizione gentile è finito ed è iniziato quello dello scontro. Entrambi sanno che uno solo sopravviverà (politicamente) con il procedere delle primarie.

Una donna presidente – È la questione che con ogni probabilità spiega la mancata stretta di mano. Warren, nei giorni scorsi, ha detto che nel 2018, nel suo appartamento, Sanders le disse che una donna non può battere Trump. Il senatore ha negato, spiegando di aver detto che Trump aveva usato strumentalmente il tema per battere Clinton. Sul palco di Des Moines, Sanders ha ancora una volta negato, Warren ha confermato, aggiungendo però di “non voler sollevare polemiche con il mio amico Bernie”. La senatrice ha però usato l’occasione per lanciarsi in un’appassionata difesa del ruolo delle donne in politica – e della possibilità per una donna di sconfiggere Trump nel 2020. “Le sole persone su questo palco che hanno vinto ogni elezione cui hanno partecipato sono donne” ha detto Warren, facendo riferimento a lei e Klobuchar, che è senatrice del Minnesota. E quando Sanders si è vantato di aver già battuto un repubblicano, Warren ha sospirato: “Sì, trent’anni fa”.

Iran e Medio Oriente – Sulla spinta dell’assassinio del generale Qassem Soleimani e dello scontro con l’Iran, i giornalisti di Cnn hanno iniziato la serata con domande di politica internazionale. Biden ha rilanciato la necessità di tornare all’accordo sul nucleare negoziato da Barack Obama nel 2015 e abbandonato da Trump nel 2018. “Stava funzionando”, ha detto Biden, che ha denunciato “l’isolamento” dell’attuale politica estera americana e “la perdita di sostegno” da parte degli alleati. Buttigieg, che non perde occasione per ricordare il proprio passato da militare, ha spiegato che una delle sue priorità, da presidente, sarà quella di impedire all’Iran di arrivare al nucleare. Praticamente tutti gli sfidanti, con accenti diversi, hanno parlato della necessità di ritirare le truppe dal Medio OrienteWarren ha giocato con le parole, parlando di “ritiro delle truppe da combattimento”, lasciando quindi aperta la possibilità di far restare sul terreno i soldati Usa – senza però spiegare come la loro politica sarà davvero diversa da quella di Trump. La discussione ha dato a Biden di nuovo la possibilità di “mentire” sul suo appoggio alla guerra in Iraq, che Biden sostenne fino al 2005 – mentre oggi dice di averla criticata subito dopo il voto di autorizzazione a Bush nel 2002.

Quale riforma sanitaria? – È il tema su cui i democratici si distinguono di più dai repubblicani, ma su cui restano comunque forti divergenze. Sanders e Warren hanno abbracciato una versione piuttosto simile di “Medicare for All”, una forma di sanità pubblica e universale sull’esempio europeo. Sanders vuole finanziarla aumentando le tasse dei più ricchi; Warren ha avuto qualche esitazione nel spiegare come la pagherà. Buttigieg, Biden e Klobuchar sono invece per un allargamento dell’Obamacare. La discussione è tornata sul palco di Des Moines. Warren ha spiegato che le proposte dei suoi colleghi “sono un miglioramento rispetto alla situazione attuale, ma un piccolo miglioramento”. Buttigieg le ha risposto piccato, negando che il suo piano sia “un piccolo miglioramento”, mentre Biden ha detto che “bisogna essere sinceri con gli elettori. Dobbiamo dirgli esattamente cosa faremo e quanto ci costerà”. La discussione sulla sanità ha anche permesso all’ex presidente di ricordare le sue difficoltà quando, poco dopo l’elezione a senatore, nel 1972, dovette affrontare il peso terribile della morte della moglie e della figlia in un incidente automobilistico. È stato l’unico momento davvero “privato” della serata.

Vincitori e vinti –Warren è stata la candidata che sul palco di Des Moines ha parlato di più: Tom Steyer, un miliardario e attivista che mostra un buon seguito in Nevada e South Carolina (terzo e quarto Stato dove si terranno le primarie) quello che è rimasto più in ombra. In generale, nessuno è parso davvero emergere. Warren, Sanders e Biden hanno confermato le aspettative, senza brillare ma anche senza cadute clamorose (con la senatrice del Massachussetts un po’ più convinta ed energica rispetto agli altri due). Serata invece piuttosto deludente per Pete Buttigieg, che dopo gli iniziali entusiasmi (soprattutto della stampa) fatica a offrire un profilo politico davvero indipendente. Il dibattito di Des Moines conferma comunque una cosa: che la sfida delle primarie democratiche potrebbe procedere per mesi senza che ci sia un candidato davvero forte.

I democratici hanno un altro problema – Subito dopo la fine del dibattito, Deval Patrick, ex governatore del Massachussetts e unico afro-americano rimasto in corsa per le primarie (gli sono però mancati finanziamenti e posizione nei sondaggi per salire sul palco di Des Moines) ha fatto notare che in oltre due ore di dibattito nessuno ha accennato alla questione del razzismo che milioni di americani ogni giorno sperimentano. In effetti, il fatto che la corsa democratica sia ormai limitata ai soli candidati bianchi potrebbe diventare un problema. Per battere Trump, a novembre, ci sarà bisogno di una larga affluenza al voto di ispanici e soprattutto di afro-americani, e l’assenza di loro rappresentanti dalle primarie potrebbe frenare entusiasmo e partecipazione. Kemala Harris, Julian Castro, Corey Booker: uno dopo l’altro i candidati non-bianchi si sono ritirati (il più caustico è stato Booker: “nelle primarie democratiche ci sono più miliardari che neri”). È un problema da affrontare al più presto. Il partito che pretende di rappresentare la diversità e la ricchezza dell’America non può andare alle elezioni come se si fosse in piena era Jim Crow.

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