Soldi con tranche di 500 euro, un braccialetto e un box promessi, prestazioni sessuali, uno stipendio mensile, vacanze, cibo consegnato a casa. Sono queste le mazzette con cui veniva pagato un magistrato, presidente della II sezione della Corte d’Assise d’appello di Catanzaro, che è stato arrestato dalla Guardia di finanza. Si tratta, a quanto apprende il fattoquotidiano.it, di Marco Petrini. Sono otto le persone indagate nell’inchiesta della Dda di Salerno avviata nel 2018: per sette, tra cui la toga, il giudice per le indagini preliminari di Salerno ha disposto il carcere, per l’ottava i domiciliari. Corruzione in atti giudiziari in alcuni casi aggravati dall’associazione mafiosa i reati contestati dagli inquirenti. L’inchiesta era iniziata a Catanzaro (dove oggi sono stati eseguiti tre arresti) ma era stata trasferita per competenza a Salerno proprio per il coinvolgimento della toga.

Tra gli arrestati anche due avvocati: uno del foro di Catanzaro, Marzia Tassone (domiciliari), e uno di Locri, Francesco Saraco. L’ordinanza riguarda anche Emilio Santoro detto Mario medico in pensione considerato un insospettabile e Luigi Falzetta. Gli indagati, stando alla ricostruzione della Dda, pagavano il magistrato “per ottenere, in processi, civili e in cause tributarie, sentenze e provvedimenti a loro sfavorevoli o favorevoli a terze persone”. Secondo la procura di Salerno “in taluni casi i provvedimenti favorevoli richiesti al magistrato a da quest’ultimo promessi e/o assicurati erano diretti a verificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai Tribunali del distretto di Catanzaro, provvedimenti di misure di prevenzione, già definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonché sentenze in cause civili e accertamenti tributari”.

Intercettato il 17 ottobre del 2018 il magistrato diceva all’intermediario riguardo al suo interessamento per far riottenere il vitalizio all’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato condannato in via definitiva per mafia nel 2007 e oggi arrestato: “Mario (Santoro, ndr) di’ all’amico tuo che è amico mio che giorno 12 si fa… lui la causa l’ha vinta al 1000 per 1000“. Un interessamento alla vicenda pagato con un anticipo di 5oo euro e la promessa di una vacanza in una struttura in Valle d’Aosta di Falzetta. A dicembre gli investigatori hanno registrato la visita a casa del magistrato, mentre l’ex politico lo attendeva in macchina, l’uomo aveva consegnato due cassette di polistirolo in cui c’erano gamberoni e merluzzetti (valore 350 euro), una bottiglia di champagne, clementine. Un cadeau per ricordare la causa di Tursi. In altri incontri tra dicembre 2018 e gennaio 2019 Petrini garantiva e “forniva rassicurazioni sulla decisione favorevole del ricorso”. Gli investigatori hanno documentato almeno un’altra consegna di denaro e successivamente una “cassetta con verdure e formaggio”. Il gip ha ordinato l’arresto anche per Vincenzo Arcuri e Giuseppe Caligiuri.

L’indagine, condotta dallo Scico con intercettazioni audio e video, ha permesso di svelare che la corruzione appunto è servita tra le altre cose anche a “far riottenere il vitalizio” a un condannato in via definitiva per mafia. Tursi Prato indagato a Catanzaro (nell’inchiesta che ha portato oggi a tre arresti) era stato condannato nel 2004 a sei anni per associazione mafiosa con interdizione perpetua e relativa decadenza del vitalizio. Gli investigatori hanno scoperto che Petrini aveva continuamente bisogno di soldi “anche per mantenere l’elevato tenore di vita”. Una “grave situazione di sofferenza finanziaria”. Durante la perquisizione in casa al magistrato sono stati sequestrati 7mila euro in contanti custoditi all’interno di una busta. I finanzieri, su ordine della procura, sono a caccia dei documenti relativi al ricorso di Tursi Prato e altra documentazione, come sentenze e provvedimenti emessi che potrebbero essere stati aggiustati grazie all’ipotizzata corruzione di Petrini. Gli uomini delle Fiamme gialle sono stati incaricati anche di cercare documenti relativi a vacanze del magistrato.

Nella nota firmata dal procuratore capo di Salerno, Luca Masini, si legge che oltre al magistrato “una figura centrale del sistema corruttivo” era un medico in pensione ed ex dirigente dell’Asl della provincia di Cosenza, definito un insospettabile. Stando agli inquirenti il medico stipendiava “mensilmente” il magistrato “per garantirsi l’asservimento stabile delle funzioni dello stesso. Si prodigava per procacciare nuove occasioni di corruzione, proponendo a imputati o a aprenti di imputati condannati in primo grado, nonché a privati soccombenti in cause civili, decisioni favorevoli in cambio del versamento di denaro, di beni e altre utilità”.

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