Lo chiamano Germanicum perché prende le caratteristiche principali dal sistema elettorale tedesco. In realtà è come mettere l’etichetta del parmigiano su ogni formaggio e soprattutto come al solito c’è tutto il tempo perché venga trasformato in tutt’altro, ma nel frattempo è stato presentato così il testo base su cui la maggioranza ha trovato l’accordo (sia pure con qualche mugugno) e sul quale inizierà la discussione in commissione Affari costituzionali della Camera. Il testo, elaborato dal presidente della commissione Giuseppe Brescia (M5s), prevede un sistema proporzionale puro con una soglia di sbarramento e un meccanismo di “diritto di tribuna” per garantire ai partiti minori (o a quelli regionali) di avere una rappresentanza minima in Parlamento per garantire il dettato costituzionale del pluralismo. “Si tratta di un testo semplice per far partire il dibattito parlamentare da alcuni chiari punti – dice Brescia – Si parte da un metodo diverso rispetto al passato. No a riforme elettorali di fine legislatura condizionate da interessi di parte, sì a un confronto trasparente e sincero con le opposizioni”.

Una proposta che però già in partenza divide in due gli schieramenti: Lega e Fratelli d’Italia sono contrari al proporzionale preferendo un sistema maggioritario per via della forza della coalizione di centrodestra, anche se Forza Italia per il momento rimane in silenzio poiché l’alleanza a trazione sovranista non è proprio il suo sogno e la soglia del 5 sembra raggiungibile. La riforma elettorale riguarda naturalmente il nuovo Parlamento, ridotto a 600 parlamentari dalla riforma costituzionale che in questo momento non è ancora chiaro se sarà sottoposta a referendum: servono 64 senatori, ma in queste ore alcuni dei firmatari (proprio di Forza Italia) hanno ritirato la propria adesione.

Alla Camera, secondo il testo base, 391 seggi sono assegnati con metodo proporzionale, con soglia al 5% e un meccanismo di diritto di tribuna. Otto spettano ai deputati eletti nelle circoscrizioni Estero (che funzionano da sempre con sistema proporzionale), mentre l’ultimo è il seggio della Val d’Aosta che da tempo è deciso con un collegio uninominale (cioè una corsa tra candidati, il primo è eletto). Lo stesso vale, in scala, per il Senato, che da ora ospiterà 200 parlamentari: 195 saranno eletti col sistema proporzionale, 4 nelle circoscrizioni Estero, uno con l’uninominale della Val d’Aosta.

Il testo di partenza – che avrà come relatori Emanuele Fiano del Pd e Francesco Forciniti del M5s – parte dal sistema di collegi del Rosatellum, la legge elettorale in vigore che fu votata dal Pd renziano e dal centrodestra (ma non da Fratelli d’Italia). Ovviamente in partenza si cancellano i collegi uninominali, ma si utilizzano gli stessi 63 collegi proporzionali e le 28 circoscrizioni. In precedenza dai 63 collegi uscivano 386 deputati quindi può aderire senza particolari problemi anche sui 391 del nuovo proporzionale in lavorazione. Sul piano della tecnica legislativa, dunque, come sottolinea l’Ansa, è una “novellazione” del Rosatellum, cioè interviene chirurgicamente su quel testo che prevede i listini bloccati, che non vengono modificati nella proposta di legge di Brescia. Il testo non affronta nemmeno il tema delle preferenze, ma se è vero che da una parte l’argomento è secondo l’intesa in maggioranza è rinviato a successivi confronti, dall’altra va detto che i collegi prevedono listini bloccati da 3 a 8 seggi ciascuno, quindi relativamente brevi come prescritto dalla Corte Costituzionale quando censurò i listoni bloccati ma per giunta sterminati del Porcellum.

Infine, il diritto di tribuna, anche questo preso a prestito dal sistema elettorale tedesco, ma che per forza di cose in Italia sarà un meccanismo diverso per il fatto che il numero dei deputati del Bundestag è variabile e non fissato in Costituzione come in Italia. Ad ogni modo la norma paracadute per i partiti che a livello nazionale non riescono a superare la soglia di sbarramento del 5 per cento prevede che possano partecipare alla distribuzione dei seggi anche le forze politiche che alla Camera superino la soglia in 3 circoscrizioni in almeno due Regioni o che al Senato la raggiungano in almeno una delle circoscrizioni regionali del Senato.

Fdi: “Inciucio permanente”
Un sistema, è la critica dei due deputati di Fratelli d’Italia Emanuele Prisco e Giovanni Donzelli, “che in Germania ha portato ad un inciucio permanente. E’ un ritorno alla palude della Prima Repubblica“. “Il Pd ha nostalgia della vecchia politica e dei ribaltoni – aggiunge il segretario della Lega Matteo Salvini – e vuole tornare al proporzionale: lasciamo decidere agli Italiani, si faccia il referendum per una legge maggioritaria moderna ed efficiente, chi vince governa senza trucchi”.

Se Pd e M5s sono i due partiti che più degli altri vogliono blindare questo schema, in maggioranza resta qualche mugugno di Italia Viva sul meccanismo di diritto di tribuna (perché automaticamente toglierebbe seggi e potere ai partiti piccoli che invece ce la fanno a superare il 5%) e soprattutto di una parte di Liberi e Uguali che invece la soglia di sopravvivenza la vede un po’ più da lontano: “Il Pd vuol chiudere su una legge elettorale con sbarramento al 5%. Li capisco: sono così forti rispetto alle destre di Salvini che possono anche fare a meno di quel 10% di elettori che sceglierebbero i partiti alleati attualmente stimati sotto la soglia di sbarramento – afferma il deputato Nicola Fratoianni – Evidentemente per loro è meglio prendere un 3 o un 4% in più con il voto utile al proprio partito che vincere le elezioni…”. In effetti il testo riceve l’approvazione dei democratici: “Un buon compromesso per una legge elettorale accettabile – dice il capogruppo al Senato Andrea Marcucci – su cui è d’accordo anche Zingaretti. La soglia del 5% semplifica molto il quadro parlamentare, riducendo il numero dei partiti presenti”.

Il tedesco? E’ abbastanza un’altra cosa
Quello che va detto già da oggi è che il sistema elettorale tedesco al quale la maggioranza dice di ispirarsi (così come accadde per il Rosatellum, è un vizio antico) non si definisce affatto con la semplice presenza della ripartizione proporzionale con soglia di sbarramento. In Germania, infatti, i parlamentari vengono eletti attraverso un sistema di collegi (per rafforzare il legame tra eletti e elettori) e non con listini bloccati. Per giunta esiste un meccanismo di compensazione per il quale chi vince di più nei collegi prende meno seggi dal proporzionale, anche e soprattutto perché lì si vota con due schede diverse: con una si sceglie il candidato preferito tra i vari in corsa, con l’altra per il partito. E i voti si integrano. Quindi se i candidati della Cdu vincono nel 60 per cento dei collegi e il partito di Angela Merkel prende il 35 dei voti destinati al partito, raccoglie 180 deputati con il maggioritario, ma in più le spetta il tot che le manca per arrivare al 35 per cento dell’assemblea del Bundestag. Cioè 30 seggi che vengono occupati “pescando” questa volta sì da listini bloccati.

Tra l’altro, in aggiunta allo scarto tra il sistema tedesco e il cosiddetto Germanicum, la compensazione vale anche al contrario. Se un partito vince in “troppi” collegi, viene “ricondotto” comunque alla sua cifra del proporzionale. Se, per ipotesi, la Cdu conquista il 70 per cento dei seggi, ma prende “solo” il 35 al proporzionale, non le vengono naturalmente tolti i deputati. Vengono aumentati i parlamentari alle altre forze politiche, in modo da mantenere le proporzioni. La conseguenza – come si capisce – è che il numero dei parlamentari del Bundestag ha solo un numero minimo (598), ma è variabile. In Italia, invece, è scritto in Costituzione, anche dopo la riforma approvata per il taglio a 400 deputati e 200 senatori.

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