Lo strano destino di chi si occupa di cambiamento climatico in questo paese ma soprattutto in questa società è questo: essere spesso ridotto al ruolo di Cassandra fastidiosa, non essere ascoltato, essere minimizzato nelle sue paure. Fondamentalmente, l’atteggiamento principale delle persone verso chi porta avanti questa istanza è quello dell’indifferenza, del cambiare argomento, oppure ridicolizzare. Questo avviene anche con le persone più vicine, familiari, amici, persone molto frequentate sui social network. I post che parlano delle conseguenze climatiche sono per lo più ignorati, così come i discorsi di chi, magari a casa, vorrebbe parlare di questa enorme minaccia che incombe sulle nostre vite e che ci fa realisticamente pensare che non avremo un futuro a lungo termine.

Quello che ho capito è che molte delle persone che appaiono indifferenti, in realtà, sono solo terrorizzate, ma rimuovono in maniera potente i fatti e la minaccia che portano con sé per continuare a fare una vita normale, la stessa che facevano sempre come se nulla stesse accadendo. Probabilmente, ripeto, sanno cosa sia il riscaldamento globale ma appunto non ne vogliono sentir parlare e se interrogate danno risposte tanto assurde quando vaghe, “prima o poi l’istinto di sopravvivenza avrà la meglio”, “c’è tecnologia” etc. Risposte per dire “non mi infastidire, non ne voglio parlare”.

Così i media che, esattamente come la politica, per lo più non informano chi si occupa da vicino del tema vive in sostanziale isolamento. Non solo porta il fardello dell’angoscia di un clima che cambia, ma lo deve portare nella negazione e nell’indifferenza generale, il che produce una sofferenza doppia, perché uno si sente solo, e continua a vedere la realtà diversamente mentre tutti si comportano in maniera apatica e negazionista. Mi è successo tantissime volte, con amici e in famiglia, quando il mio desiderio non era tanto quello di premonire sciagure in modo punitivo e apocalittico, quando semplicemente parlare, condividere quel dolore, quel senso di lutto, di paura di ciò che potrebbe accadere con persone con le quali vuoi bene.

Quando è successo, raramente, di poter condividere, mi sono sentita molto meglio, mi sono sentita capita, almeno, non più isolata. E forse l’altra persona ha preso in carico un po’ della mia ansia, come’è giusto che sia, perché di questo tema devono farsi carico tutti perché qualcosa possa cambiare. Quanto meno l’ansia si è trasformata, è diventata sentimento comune, qualcosa di terapeutico e benefico.

E allora faccio un piccolo appello: tutti voi che al cambiamento climatico non pensate o che ci pensate ma poi cancellate, fermatevi un attimo a pensare. Concedetevi di avvertire le vostre paure, di liberare i sentimenti che probabilmente avete intrappolati in una fitta rete che neanche si può definire razionale, perché negare il cambiamento climatico razionale non è. Allo stesso tempo, se avete una persona che ne parla, ascoltatela, non minimizzate, lasciate che il tema esca nella sua gravità, parlatene insieme. L’ascolto reciproco su un tema come il cambiamento climatico è fondamentale, così come la condivisione. Si può anche arrivare a scherzarci, insieme, dopo aver parlato, con battute che sdrammatizzino ma che al tempo stesso non neghino.

Per Natale, allora, fate un regalo non tanto a chi di clima parla e si sente solo ma anche a voi stessi. Provate ad ascoltare le vostre paure sul tema e fatelo insieme a qualcuno perché è vero, possono essere dirompenti. E dopo non restate soli a vostra volta, ma cercate ascolto e condivisione. Tutto questo produce meno angoscia, nonostante il tema, e più cambiamento delle cose, che invece la rimozione dei sentimenti o la loro negazione impedisce. E in fondo Natale non è questo, preghiera, condivisione, riflessione sentimentale e spirituale sulla sofferenza del mondo? Per cercare speranza, certo, ma non prima di aver provato e capito il proprio dolore e quello altrui.

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