La squalifica resta. Secondo i giudici, non è dimostrata la “massima probabilità” della manipolazione delle urine. Per questo il Tribunale federale di Losanna ha respinto la richiesta di sospensione della squalifica del marciatore Alex Schwazer. A comunicarlo è il legale dell’altoatesino, Gerhard Brandstaetter: “Sulla base di questo verdetto Alex Schwazer porterà avanti con massima convinzione il procedimento davanti al Tribunale federale, con lo scopo di portare le prove necessarie per una sospensione della squalifica”, afferma l’avvocato.

Schwazer aveva deciso di ricorre contro la squalifica di otto anni per doping decisa dal Tribunale arbitrale dello sport (Tas) nell’agosto 2016, alla vigilia delle Olimpiadi di Rio, dopo che il gip di Bolzano, Walter Pelino, ha considerato plausibile l’ipotesi della manipolazione delle urine usate per il controllo antidoping che portò Schwazer alla squalifica. Nell’ottobre scorso, dopo la consegna della perizia dei carabinieri del Ris, il giudice per le indagini preliminari ha disposto un ulteriore supplemento di analisi presso la Corte d’Appello di Colonia, nel procedimento penale contro il marciatore altoatesino, accettando la richiesta della difesa che sostiene da sempre l’ipotesi di complotto, basandosi sull’anomala concentrazione del Dna trovato nel campione di urine.

“L’ipotesi della manipolazione – si legge nell’ordinanza – rimane in campo ed è l’unica suffragata da elementi indiziari, resa possibile dai gravi vizi già accertati dalla catena di custodia e concretamente attuabile senza particolari difficoltà”. E poi, aggiunge il gip: “Sussiste un ragionevole dubbio sulla colpevolezza dell’indagato” e, se il caso si dovesse chiudere prima di altri accertamenti, su tutta la vicenda rimarrebbero “profonde ombre”. Non solo sul caso specifico: Pelino ritiene che “ne va della stessa credibilità dell’intero sistema dei controlli antidoping”.

Nell’ordinanza viene giudicato “plausibile anche se tutto da verificare” il movente di una possibile manipolazione delle urine per “punire” l’atleta e il suo allenatore, Sandro Donati. Entrambi hanno denunciato anche il doping di Stato della Russia e il ruolo del vecchio presidente della Iaaf, Amine Diack. Proprio ieri, lunedì, è arrivata la decisione dell’Agenzia Mondiale Antidoping (Wada) nei confronti di Mosca, condannata per recidiva nel falsificare i dati dei controlli antidoping sui suoi atleti: esclusione dalle Olimpiadi per quattro anni.

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