Dario Franceschini insiste nel voler costruire un’alleanza strutturale con il M5S? Sbaglia, noi siamo alternativi. E diventa umiliante quando ti hanno già detto di no. Oltre che deleterio sia per il Pd che il governo”. Ad attaccare da Bologna è Matteo Orfini, l’ex presidente dem da settimane critico sulla linea scelta dalla segreteria Zingaretti nel voler tentare di trasformare l’accordo di governo con i pentastellati in un orizzonte politico comune. Un percorso stoppato da Di Maio dopo la sconfitta elettorale in Umbria, ma ancora rincorso al Nazareno. Non è un caso che, anche di fronte alle frizioni interne nell’esecutivo, è lo stesso vicesegretario Andrea Orlando a rilanciare: “Al M5s chiediamo di fare sul serio o è meglio lasciar perdere”, rivendica. Perché, a suo dire, “se la sensazione che trasmettiamo è quella di una scelta occasionale, quasi fortuita, diventa difficile cambiare il Paese e ridurre le paure”.

Lo stesso Orfini ha però rilanciato con la presentazione di 5 ordini del giorno in Assemblea nazionale, nel tentativo di porre come priorità, dopo l’approvazione della manovra, alcuni temi dem con gli alleati di governo. Temi però divisivi tra M5s e dem, dall’abrogazione dei decreti Sicurezza fino a una visione ‘garantista’ della giustizia, con il tema della prescrizione in primo piano. “Se il Pd non fa propri questi ordini del giorno sarebbe subalterno? Come si fa a dire di no? Sarebbe un errore, c’è la necessità di definire cos’è il Pd e qual è il suo profilo”. A predicare prudenza è però l’ex segretario Maurizio Martina: “Il punto non sono gli ordini del giorno, ma collocare la nostra responsabilità nella sfida di governo”.

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