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Manovra, Fioramonti: “3 miliardi per la scuola o lascio il posto a un altro. Basta con i vincoli delle ‘manine burocratiche’, bisogna investire”

Il ministro critica la mancanza di fondi per l'istruzione: "Dopo una serie di esecutivi che hanno tagliato sull'istruzione, non mi posso accontentare di un governo che smette di prelevare soldi al Miur"
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“Stiamo vivendo un momento storico e abbiamo un’occasione irripetibile: un governo progressista può e deve sincronizzare l’Italia sull’orologio delle nazioni più progredite, che da anni hanno già fatto quello che io provo a proporre. A partire da un finanziamento importante, continuo e puntuale a ricerca, università e scuola”. Così il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, che lancia un ultimatum dalle pagine di Repubblica: “Non cedo. Voglio i 3 miliardi per la scuola o lascio il posto a un altro”. La manovra, e i fondi previsti ai settori del suo ministero, lo lasciano insoddisfatto: “Dopo una serie di esecutivi che hanno tagliato sull’istruzione, non mi posso accontentare di un governo che smette di prelevare soldi al Miur. Bisogna investire con forza”.

Nell’intervista rilasciata al quotidiano romano il ministro accusa i limiti e vincoli previsti per la ricerca, fra cui le spese per il personale: nella bozza della Finanziaria, all’articolo 29, vengono limitate al 70% del totale. Colpa, secondo Fioramonti, delle “manine burocratiche”. E sull’Agenzia nazionale per la ricerca, prevista dall’articolo 28 della Legge di Bilancio, il ministro precisa che dovrà essere “fondata su un profondo confronto con il mondo della scienza”: la sua istituzione ha già destato polemiche fra gli scienziati per il forte peso avuto dalla politica nella nomina dei suoi membri.

E la plastic tax? “Le industrie plastiche se non cambiano modo di produrre tra due anni chiuderanno”. In generale, dice, “mettere piccole tasse di scopo che invoglino le aziende a migliorarsi e spingano le famiglie a rivedere le abitudini sbagliate sono un piccolo prezzo da pagare oggi per avere minori costi”. E aggiunge che “se questo serve per girare risorse alla questione più importante di una comunità, cioè la conoscenza dei giovani, dobbiamo convincere il nostro Paese che siamo nella direzione giusta”.

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