Entro la fine del 2019 i decreti sicurezza approvati dal precedente governo saranno modificati. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, rispondendo alle domande dei giornalisti al termine dell’audizione in Commissione Antimafia. “Sui decreti sicurezza sicuramente c’è stato un intervento del capo dello Stato, quindi noi certamente in prima battuta faremo le modifiche per rendere conforme alle osservazioni che erano venute dal Quirinale. Secondo me nel giro di poco si affronterà il problema”, ha detto la titolare del Viminale, che a chi gli chiedeva se le modifiche arriveranno prima della fine dell’anno il ministro ha risposto: “Penso di sì“.

A chi invece chiedeva di una possibile modifica del memorandum con la Libia come chiesto dal Pd, Lamorgese ha replicato con un no comment: “Non rispondo, è una questione di scelte di carattere politico che si farà a livello governativo e del presidente del Consiglio”. In cima all’agenda dell’esecutivo, invece, la ministra ha indicato “il contrasto alle organizzazioni criminali mafiose” che resta una “priorità del governo” poiché i dati e le analisi dicono che le mafie “hanno fatto registrare ampie trasformazioni assumendo modelli di azioni sempre più complesse”. Per questo il ministro ha assicurato il massimo impegno affinché venga messo in campo uno “sforzo straordinario da parte di tutte le istituzioni, per promuovere politiche di sicurezza integrata”. Anche perché, ha aggiunto, le organizzazioni criminali si fanno sempre “più sofisticate e riescono a infiltrare importanti segmenti economico-finanziari per ripulire i capitali illecitamente accumulati. Lamorgese ha confermato la strategia mafiosa degli ultimi anni: azioni a “bassa visibilità” per “entrare nel tessuto economico in maniera silenziosa e affabile”. Una strategia per mantenere “bassa la tensione sociale” forse più “subdola e pericolosa”.

“È molto importante con l’attività investigativa m ettere in luce i collegamenti tra la criminalità italiana e quella straniera” perché sia efficace “l’attività di contrasto“, ha spiegato la titolare del Viminale, che ha fornito alcune informazioni sulle organizzazioni made in Italy. La ‘ndrangheta è l’organizzazione “più pericolosa in campo nel nostro Paese”, mentre “Cosa nostra rimane tuttora un’organizzazione pervasiva, dinamica e pericolosa seppure ridimensionata dai duri colpi inferti dallo Stato, che ha assicurato alla giustizia gran parte dei suoi esponenti di spicco, nonché dagli importanti provvedimenti di confisca e sequestro di beni che hanno colpito i suoi affiliati”.

Secondo la ministra “le indagini più recenti su Cosa Nostra inducono a ritenere che la struttura di base dell’organizzazione criminale sia rimasta immutata nel tempo, quanto meno sotto l’aspetto dei ruoli e delle articolazioni territoriali, i riscontri investigativi confermano la sostanziale inattività sotto il profilo operativo di una struttura di vertice regionale sebbene le attuali dinamiche evolutive denotino un mai sopito intento di restituire consistenza all’organizzazione criminale attraverso le sue articolazioni territoriali”.

Sul fronte dei reati commessi, Lamorgese ha spiegato che “aumentano gli atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali, un fenomeno particolarmente allarmante” perché “condiziona la libera autodeterminazione di coloro che sono chiamati a ricoprire un ruolo pubblico” e perché “diffonde nelle comunità sentimenti di rassegnazione e sfiducia”. Lo dice il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese in commissione Antimafia assicurando che “la protezione degli amministratori locali è una priorità per le forze di polizia”. Il ministro ha poi fornito dei numeri in base ai quali emerge che nel 2018 si è registrata una flessione del 9,2% degli episodi, passati dai 660 del 2017 ai 599 del 2018. Ma nei primi sei messi del 2019 c’è stato invece un aumento, con 336 atti intimidatori registrati a fronte dei 309 dell’anno precedente. Per questo, ha concluso Lamorgese, “il Viminale mantiene sul fenomeno la guardia molto alta”.

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