Un allievo prodigio. Antonio Falasconi, studente del quinto anno di Scienze Mediche alla Scuola Superiore Sant’Anna e studente dell’Università di Pisa, viene definitivo così in un tweet della prestigiosa università. Questo perché l’allievo, originario di Portici (Napoli), non è ancora laureato eppure i suoi studi hanno dato un contributo fondamentale sullo studio di una malattia che colpisce una persona su quattromila e che porta alla cecità. Falasconi è primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in neuroscience dove analizza un modello sperimentale di retinite pigmentosa.

Lo studio, spiega una nota della Scuola Sant’Anna, è stato condotto presso l’istituto di Neuroscienze del Cnr di Pisa, coordinato da Enrica Strettoi, dirigente di ricerca esperta in Neurobiologia della retina, in collaborazione con il dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa: “È davvero un caso singolare essere primo autore di una pubblicazione, senza avere ancora discusso la tesi”.

Grazie anche al suo tutor presso la Sant’Anna, Fabio Recchia, lo studente ha esplorato aree diverse delle neuroscienze e, in questi anni, ha affiancato il lavoro in laboratorio e lo studio a Pisa con esperienze di ricerca in Italia e all’estero: dal Cnr di Padova, al Friedrich Miescher Insitute for Biomedical Research di Basilea, passando per il Brain Research Institute dell’Università di Zurigo e il Laboratory of Molecular Biology a Cambridge. Esperienze che hanno affinato i suoi interessi scientifici anche sui meccanismi attraverso i quali il cervello genera il comportamento e il movimento. “Per la complessità del sistema nervoso e delle più alte funzioni cognitive – conclude Falasconi – la relativa semplicità e osservabilità del movimento si presenta come un ottimo punto di partenza per indagare a fondo il suo funzionamento”. Sul profilo Linkedin Falasconi scrive di essere “interessato alla ricerca sulle neuroscienze” con l’obiettivo “a lungo termine di contribuire a migliorare la nostra comprensione della funzione e disfunzione cerebrale e, di conseguenza, del comportamento e delle malattie psichiatriche”.

Lo studio su Frontiers in neuroscience

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