I renziani di Italia Viva chiedono l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta contro la disinformazione, per indagare “sui ‘casi di diffusione seriale e massiva’ delle fake news” nei cinque anni precedenti alla data di entrata in vigore della legge. Quindi considerando anche il 2016, anno del fallimento del referendum costituzionale voluto da Matteo Renzi. È il contenuto della prima proposta di legge dei parlamentari fuoriusciti dal Pd di cui scrive Il Messaggero: prima firmataria la capogruppo di Italia Viva Maria Elena Boschi, all’epoca della consultazione ministra delle Riforme, che definisce le fake news “delitti contro la Repubblica“. La richiesta per il funzionamento della Commissione è di 100mila euro l’anno a carico di Camera e Senato in parti uguali, cifra che potrà essere aumentata al massimo del 30% l’anno.

L’obiettivo della proposta è quello di accertare se tramite la disinformazione si è tentato di “condizionare illecitamente o illegittimamente l’esito delle consultazioni elettorali o referendarie” – tema peraltro al centro della risoluzione non vincolante approvata oggi dal Parlamento europeo – “o comunque di manipolare indebitamente il consenso elettorale”. Italia Viva chiede al Parlamento di “dotare al più presto l’ordinamento di una specifica disciplina per contrastare” la disinformazione e di “responsabilizzare i social network” al fine di “tutelare gli utenti da notizie costruite intenzionalmente per trarli in inganno”.

Motivo per cui, si legge nella proposta, “servono soluzioni di carattere legislativo e amministrativo” per la prevenzione e “specifiche forme di repressione penale per la diffusione dei contenuti illeciti attraverso la rete internet ed efficaci sanzioni pecuniarie per i fornitori dei servizi delle reti sociali e telematiche che non si dorano di idonee procedure per il controllo e la rimozione di tali contenuti”. Per i parlamentari renziani quello della disinformazione è un fenomeno “dilagante, capace di danneggiare gravemente i cittadini e le imprese, di veicolare stereotipi basati sul razzismo, sull’antisemitismo, sul sessismo […], di influenzare l’opinione pubblica […] di condizionare la politica e gli esiti di un’elezione, di distruggere la reputazione di figure pubbliche, ma anche di privati cittadini”. E con le fake news, aggiungono, si “costruiscono campagne d’odio” e “si inquina la vita politica”, oltre a influire “indebitamente sulle elezioni democratiche“.

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