Che brutta figura il sindacalista. Nella chiacchiera di tutti i giorni viene accomunato al politico, ad uno o una che non ha molta voglia di lavorare, ad una persona che si informa abbastanza poco e che non ha una visione generale. E invece no. Così come tante altre figure, va declinata al plurale: non “il sindacalista”, bensì “i sindacalisti”. Perché sono diversi tra di loro, i sindacalisti.

Poi c’è chi lo fa, il sindacato. Sta a contatto con lavoratrici e lavoratori ogni giorno. “Che vita terribile quella del sindacalista”, ti senti dire, “devi sempre rispondere al telefono, sempre dire di sì a tutti, non hai orari e non hai vita personale”. E invece no. Il sindacato è un grande esperimento collettivo di autogoverno e di confronto/scontro con la controparte, non il martirio in vita di una o due persone.

Che poi, fare il sindacalista dei dipendenti regionali come faccio io non è fare il sindacalista di trincea. La vicinanza coi politici piace: assessori, consiglieri regionali, direttori generali. A me no. Se posso faccio altro. Per esempio andare a fare una assemblea dei lavoratori Agris di Foresta Burgos.

Foresta Burgos, pieno Goceano, è quella Sardegna dell’interno che per conoscere devi andare là, respirarla, viverci, e ricordartela. È la Sardegna di Bono, Illorai, Bottida, Esporlatu, e Burgos appunto. A Foresta Burgos opera da molti anni Agris, l’ente di ricerca in agricoltura della regione. Foresta Burgos è un compendio enorme, in cui insistono diversi comuni e diverse istituzioni.
Agris ha in gestione circa 1.600 ettari: i lavoratori sono otto, forse contando il coordinatore nove. Non sono ragazzini, sono allevatori grandi di età.

A cosa serve un ente di ricerca pubblico in agricoltura? Per esempio a studiare dal punto di vista genetico le pecore, o a studiare come incrociare in modo virtuoso le vacche. Non è forse questo uno dei settori su cui deve puntare la Sardegna?

L’assemblea comincia subito in modo informale. “Nel Goceano c’è fame, molta fame. E rabbia. Noi non possiamo lavorare in otto. Se chiude Forestas, e chiudono altri posti presidi pubblici, cosa rimane?”. Qualche anno fa ha chiuso anche la scuola di polizia a cavallo.

Piano piano arriva qualche altro lavoratore. I locali in cui ci riuniamo mi dicono abbiano problemi di collaudo. Mi fanno vedere capannoni inutilizzabili, e mi raccontano dei furti che subiscono. “Vanno bene le stabilizzazioni – mi dice uno – ma qua abbiamo bisogno di energie fresche. Io ho 49 anni, e sono il più giovane. Qua si vive in campagna, si alzano pesi, si prendono malattie tipiche dei pastori. Dobbiamo continuare così per i prossimi 20 anni?”.

Deve continuare ad esistere una agenzia pubblica che faccia ricerca in agricoltura? Come organizzarla? Questo è il tema sottinteso dell’assemblea. Se Agris deve esistere la dobbiamo riorganizzare, e dobbiamo dotarla di personale. Punto.

Ma nessuno si vuole prendere la responsabilità. I sindacati hanno parlato di paralisi in Regione, ed è proprio così. Se solo si volesse con un piano di assunzioni, straordinario nei numeri ma non nell’utilizzo delle capacità assunzionali, in 18 mesi potrebbero entrare nel comparto regione mille persone. Energie fresche, preparate, capaci.

L’assemblea termina in modo informale, così come è cominciata. Qualcuno prende fiducia e si iscrive al sindacato. È come un filo che si tesse, ora c’è un legame in più con un posto, un luogo, una storia.

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