K2-18b. Trattasi non di cima inuguale, ed elevata al cielo, ma di esopianeta con una caratteristica che lo rende, per ora, unico fra i 4100 esopianeti accertati appartenenti a 3055 sistemi planetari diversi, senza dimenticare gli altri 2492 candidati e i 209 in attesa di ulteriori verifiche (fonte: catalogo Exoplanet.eu): c’è vapore acqueo nella sua atmosfera.

K2-18b è stato scoperto nel 2015 dal Keplero, telescopio spaziale della Nasa. Si trova nella costellazione del Leone a 110 anni luce dalla Terra. Più o meno 1,041 x 10∧15 km, ovvero 1,041 milioni di miliardi di chilometri. Non proprio dietro l’angolo. Se qualcuno pensa di andarci, che se lo dimentichi. Almeno per ora. Grande due volte il nostro pianeta, ha una massa otto volte superiore. Gira intorno a una stella nana rossa chiamata K2-18.

Opportuno condividere qualche indispensabile definizione, prima di andare avanti.

Dicasi esopianeta o pianeta extrasolare un pianeta che orbita intorno a una stella diversa dal Sole. Un pianeta è un corpo celeste che orbita intorno a una stella non producendo energia tramite fusione nucleare, la cui massa è sufficiente per dargli una forma sferoidale e con dominanza gravitazionale tale da mantenere libera la sua fascia orbitale da altri corpi di dimensioni comparabili o superiori.

Un pianeta terrestre è un pianeta simile alla Terra, quindi composto per lo più da roccia e metalli. Una nana rossa è la stella più comune nella Via Lattea, la nostra galassia: fra il 67,5 e l’80 per cento del totale. Ha massa compresa fra 0,4 e 0,08 masse solari (la massa del sole è pari a (1,98847 ± 0,00007) x 10∧30 kg; 332946 volte la massa della Terra). Irradia una debole radiazione luminosa, compresa fra un decimillesimo e un decimo di quella del sole. Piccola, fredda, ma cattiva perché può emettere massicce dosi di radiazioni ad alta energia, molto maggiori del vento solare che interessa la terra.

Ora che abbiamo presentato i protagonisti principali, continuiamo la nostra storia e torniamo sulla Terra, all’University College di Londra per la precisione, per incontrare la professoressa Giovanna Tinetti, torinese di nascita, fisica teorica di laurea, astrofisica per specializzazione, con la passione di analizzare le atmosfere dei pianeti per capirne la chimica. L’European Research Council e lo Uk Science and Technology Facilities Council, in era pre-Brexit, hanno considerato le sue idee degne di supporto e le hanno assegnato un progetto da due milioni di euro, con i quali lei e il suo gruppo di ricerca hanno trovato, analizzando i dati raccolti dal telescopio Hubble nell’infrarosso nel periodo 2016-2017, acqua nell’atmosfera di K2-18b.

Il come è presto detto. Quando questo passa davanti alla sua nana rossa, la sua atmosfera ne filtra la luce. O meglio, ogni molecola della sua atmosfera assorbe parte della luce e lo fa in modo caratteristico, riconoscibile. Una vera e propria firma. Confrontando il prima e il dopo, si individua quello che manca perché assorbito e si legge la firma del colpevole, anzi dei colpevoli perché oltre al vapore acqueo sono stati rilevati idrogeno ed elio. Si sospetta la presenza di azoto e metano.

Ma c’è di più. K2-18b è uno dei rari pianeti terrestri (alla data dell’8 settembre 2016 ne sono stati individuati solo 44) posto in quella che viene chiamata “zona abitabile”, né troppo vicino, né troppo lontano dalla sua stella, così da avere temperature compatibili con forme di vita. Solo K12-18b però è tanto nella zona abitabile, con una temperatura compresa fra gli zero e i quaranta gradi centigradi, quanto dotato di acqua in superficie e nella sua atmosfera, il che lo rende a tutt’oggi il migliore candidato per ospitare forme di vita. Magari non alieni verdastri, tentacolati e trinariciuti, ma microorganismi. Se vivono allora respirano, emettendo gas atmosferici particolari come metano, ammoniaca, anidride carbonica, individuabili dai telescopi di nuova generazione che verranno lanciati nei prossimi anni: il James Webb telescope della Nasa nel 2021, il “satellitino” Twinkle nel 2022, Ariel dell’Esa nel 2028.

Per saperne di più, basta aspettare, ricordando le parole di Dana Scully, protagonista degli X-Files: “The truth is out there” (la verità è là fuori). Basta cercare. Bisogna cercare.

Ps. Questo è il centesimo post che scrivo per Il Fatto Quotidiano. Grazie dei commenti e delle critiche: sono grato a entrambe le popolazioni per il tempo dedicato e per quanto insegnano. Sarei altrettanto grato verso chi insulta e offende se evitasse di far perdere tempo. Soprattutto ai lettori. Grazie infine alla redazione e alla testata che mi ospita.

Articolo Precedente

Il cosmo? C’è una nuova misura dell’espansione dell’universo. Gli scienziati: “È più giovane”

next
Articolo Successivo

Sperimentazione animale, l’annuncio degli Usa: “Eliminazione entro il 2035”. “Ma non esistono ancora metodi alternativi”

next