Diceva Antonio Gramsci: “io sono partigiano, odio gli indifferenti“. Parole sante che risultano applicabili sempre e comunque e soprattutto alle questioni di maggior rilievo politico, culturale e morale. Quella del salvataggio dei migranti e richiedenti asilo che affogano a migliaia nel Mediterraneo rientra certamente fra queste, dato che è in ballo il valore supremo della vita umana e molte altre cosette non proprio trascurabili. Per questo motivo non mi pare sia opportuno parlare di tifoserie da stadio. Ma se proprio vogliamo parlare di tifoserie, io mi schiero, da vecchio romanista, nella curva Sud dei sostenitori di Carola Rackete. Per vari motivi.

Innanzitutto perché Matteo Salvini, con il suo comportamento in questo caso, come e forse anche di più che in quelli analoghi precedenti, mi ha fatto vergognare di essere italiano, mentre Carola mi ha fatto provare l’orgoglio di essere europeo.

Va detto con molta chiarezza, anche ai fini dell’applicabilità eventuale di norme penali, che la situazione incresciosa che si è determinata nel momento dell’approdo della Sea Watch è stata causata dall’atteggiamento del governo italiano, nella persona del suo capo effettivo, il quale, negando e violando apertamente norme essenziali del diritto internazionale, voleva impedire alla nave di giungere in porto per consentire alle persone che si trovavano a bordo – in situazione di grave bisogno fisico e prostrazione morale – di trovare finalmente un adeguato soccorso.

Sempre ai fini penali, è del tutto improprio definire “nave da guerra” la motovedetta della Finanza che, obbedendo agli ordini di Salvini, ha tentato di impedire l’approdo della Sea Watch, mettendo fra l’altro a repentaglio l’incolumità fisica dei finanzieri che si trovavano a bordo. L’uso della parola “guerra” è tuttavia rivelatore, dato che quella del governo italiano è una logica bellica che identifica i nemici in coloro che tentano di attraversare il Mediterraneo e nelle organizzazioni non governative che tentano di impedire che i primi affoghino miseramente, come è successo oltre 6mila volte negli ultimi quattro anni, pari a circa 150 Sea Watch.

Si sa del resto che i regimi in difficoltà cercano il nemico esterno. Salvini, con i suoi comprimari Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, se la prendono con i migranti e le Ong, salvo rispolverare pateticamente in funzione antitedesca il caso Thyssen, che in questo contesto non c’entra assolutamente nulla e sul quale non risulta questo governo abbia fatto nulla di notevole, se non strumentalizzare ora quei morti sul lavoro, vittima della criminale negligenza dei padroni tedeschi, per muovere attacchi ad Angela Merkel quando quest’ultima afferma, una volta tanto, una cosa sacrosanta, e cioè che non è possibile a un Paese civile criminalizzare chi salva le vite umane.

Il tutto è estremamente deplorevole e acuisce la sensazione di vergogna cui ho accennato prima. Tanto più se pensiamo che, mentre i poveri naufraghi della Sea Watch peregrinavano penosamente per il Mediterraneo, 236 profughi approdavano nella sola Lampedusa nel generale silenzio. In termini quantitativi, quasi sei Sea Watch riversavano il loro carico sulle coste italiane. In termini mediatici e politici nulla, dato che il capitano aveva deciso di concentrare l’attenzione del Paese e del mondo su quei 42 poveretti, in modo tale da poter esaltare la sua figura di prode difensore delle sacre italiche sponde.

Certamente, questa enfasi esasperata prodotta da un governo che non sta portando a termine nessuna significativa operazione (lasciamo stare i cambiamenti, che se ci sono stati sono stati in peggio), serve appunto a coprire il proprio nulla assoluto e l’impossibilità di portare a termine perfino i propri catastrofici disegni, ad esempio in tema di flat tax. A un popolo italiano sempre più sconcertato, oppresso dalla crisi e che perde ogni giorno un pezzo di identità e di coesione sociale, Salvini e i suoi accoliti (che sono, se possibile, ancora peggio di lui che almeno si assume in prima persona il peso delle sue scelte), offrono ogni giorno un po’ di odio e di risentimento per tirare avanti. Ma è chiaramente poco e male. Vorremmo poterci nutrire di progresso sociale, solidarietà e umanità, merci che però non risultano disponibili sullo scalcagnato banco del Salvimaio.

Va detto anche che anche l’Europa ha le sue gravi responsabilità nelle stragi dei migranti, responsabilità che un gruppo di giuristi ha denunciato alla Corte penale internazionale. E’ però evidente che, qualora si arrivi a un processo in quella sede, il posto del governo italiano sarà anch’esso sul banco degli imputati. E sarà un posto certamente di (dis)onore.

SALVIMAIO

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