Carola Rackete rischia più di 20 anni di carcere. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini l’ha definita una “criminale” perché con la sua manovra “si è rischiato il morto, perché “ha cercato di stritolare una motovedetta della Guardia di Finanza”. Accuse che il senatore e Ufficiale della Marina Gregorio De Falco definisce di “una gravità enorme“, alla luce di quello che oggi sappiamo su quanto è avvenuto nella notte tra il 28 e il 29 giugno, quando la comandante della Sea Watch 3 è entrata nel porto di Lampedusa è ha attraccato alla banchina. Per quella manovra, Carola è accusata di violenza e resistenza a una nave da guerra, ma soprattutto di tentato naufragio, ovvero di aver cercato volontariamente di affondare la motovedetta delle Fiamme Gialle. “Basti pensare che al comandante della Msc Opera (il transatlantico che è andato a sbattere contro il lancione turistico River Countless il 2 giugno scorso a Venezia provocando 4 feriti, ndr) viene contestata un’accusa meno grave, il pericolo di naufragio, che prevede la colpa ma non il dolo”, sottolinea il senatore passato al Gruppo Misto dopo l’espulsione dal M5s. In quella situazione “c’è stato un pericolo di uccidere molto più grave”, spiega De Falco, mentre i finanzieri che erano a bordo della motovedetta “hanno rischiato la barca, la vita mi sembra un po’ troppo”.

Quindi è eccessivo contestare il tentato naufragio?
Da una parte (a Venezia, ndr) ci sono quasi 300 metri di nave che ha rischiato di sommergere il lancione. Dall’altra non ci sono nemmeno feriti. Mi viene da dire che proteggiamo meglio Lampedusa di Venezia. A Carola Rackete è contestabile il pericolo di naufragio. Anche qui però, questo non si traduce in pericolo di vita per le persone che erano a bordo della motovedetta.

Da Ufficiale della Marina, che idea si è fattoa della manovra di Carola Rackete?
Dai video non si capisce molto. I colleghi parlamentari che erano a bordo mi dicono che quando la Sea Watch è entrata in porto e si è girata di poppa, la motovedetta sembrava quasi fare strada. Dopodiché avrebbe cominciato a muoversi su e giù per la banchina, quindi le sue intenzioni non erano ben chiare. Tutto questo, mentre la Sea Watch era in manovra. Bisognerebbe capire se sia trattato di una manovra che ha portato a mettere in pericolo la Guardia di Finanza. Oppure se ci sia una sorta di colpa comune tra i due comandanti. Oppure ancora, se si sia trattato di un intralcio alla manovra della Sea Watch da parte del comandante della motovedetta.

Quindi non è ancora chiaro di chi siano le responsabilità?
No, però è chiaro che tra una nave di 32-34 metri con 600 tonnellate di stazza circa e una motovedettina di 7-8 metri in vetroresina, veloce e agile, in manovra quella che deve dare spazio è la motovedetta. Tutte le manovre devono essere prevedibili. Quando uno naviga, deve fare in modo che gli altri capiscano le sue intenzioni. Andare avanti e indietro non so che senso possa avere. Altro è se si fosse messa subito all’ormeggio per occupare la banchina. Invece soltanto nell’ultima fase la motovedetta sembrerebbe aver messo a terra la cima e quindi essersi fermata. Poi ha tirato su le cime quando ha visto che la Sea Watch stava scarrocciando (spostarsi lateralmente rispetto alla linea di rotta per effetto del vento, ndr). Forse c’era un po’ di vento, questo poi lo diranno i periti.

Carola Rackete poteva a quel punto fare qualcosa per evitare lo scontro?
Dipende da quanto è ampio le specchio d’acqua in cui sta manovrando. Il porto di Lampedusa è molto piccolo, difficilmente si può riprendere la manovra. Anche perché la Sea Watch è una nave che ha una certa inerzia e una certa lentezza nel passare da marcia avanti a marcia indietro. La motovedetta è molto più agile.

La Guardia di Finanza poteva agire diversamente?
Non so quali ordini abbia ricevuto. Però, nel momento in cui la Sea Watch desiderava andare all’ormeggio, il compito della forza pubblica poteva anche essere quello di evitare lo sbarco. Infatti, al di là degli ordini, tenere una nave in mezzo al porto oppure in banchina non cambia assolutamente nulla, perché comunque la nave è in acque interne, sia che abbia i cavi a terra in banchina sia che stazioni in mezzo al porto. Non c’è nessuna differenza dal punto di vista giuridico.

Però la Sea Watch ha ignorato due alt.
Qui la situazione si sposta su un altro piano, quello che viene definito blocco stradale. Ma qui di blocco stradale non si può parlare, né per il contesto né per analogia. È come se avessimo a che fare con un veicolo che ha a bordo un ferito: la Sea Watch aveva dichiarato emergenza 36 ore prima e 15/16 giorni prima aveva soccorso delle persone. Doveva terminare il salvataggio: non è una nave da crociera, non ha alloggiamenti per 40 persone. Continuare a non alleviare la comandante della nave da quella responsabilità, come prescrivono le convenzioni internazionale, è qualcosa che non può essere fatto dallo Stato. Anzi, quando la forza pubblica vede un veicolo che mostra un segnale di emergenza, deve aprirgli la strada e facilitare il percorso fino all’ospedale, per esempio.

Carola Rackete ha più volte sottolineato di aver dichiarato lo stato di necessità. Che cosa significa?
Lo stato di necessità riguarda una situazione in cui qualcuno può subire un danno dalla protrazione del tempo. Se qualcuno a bordo sta male fisicamente o psicologicamente, data anche la situazione complessiva della nave, il comandante può dichiarare emergenza. Un alt impartito a una nave che ha dichiarato emergenza è strano. Immaginiamo un aereo che dichiara emergenza: le autorità a terra devono sgomberare la pista a farlo atterrare al più presto. Il codice è il medesimo: disciplina la navigazione, marittima e aerea. Dichiarare lo stato di necessità è una responsabilità del comandante: l’autorità dopo deve fare i controlli. Non prima.

In che senso?
Nel merito, non è che il comandante sia sopra ogni valutazione. Si fa entrare la nave, si sale a bordo e si valuta: se l’emergenza è frutto di una sopravvalutazione, si imputa al comandante il reato di procurato allarme. Alla base c’è il fatto che la Sea Watch aveva a bordo persone dopo un soccorso fatto più di due settimane prima. Ed è assurdo. Inoltre, a bordo non c’erano migranti. È una balla che ci fossero migranti, quelli erano naufraghi. Cambia tutto.

Perché?
Il migrante dà luogo all’applicazione del regolamento di Dublino, il naufrago no. Il migrante dà luogo all’attuazione del decreto Sicurezza bis, il naufrago no. Infatti la parola naufrago non compare nel decreto Sicurezza bis, non potrebbe mai comparire. Il naufrago è quella persona che è in pericolo attuale ed imminente di perdere la vita. Quando viene salvato, diventa naufrago. E va portato a terra. Il soccorso si compone del salvataggio e di tutte le altre operazioni volte poi a portare al sicuro quelle persone, sia sotto il profilo tecnico-nautico sia sotto il profilo politico-sociale.

A Carola Rackete viene contestata anche la violenza e resistenza a una nave da guerra. La motovedetta della Finanza lo è?
La convenzione di Montego Bay (trattato che definisce i diritti e le responsabilità degli Stati nell’utilizzo dei mari, ndr) è posta a base del decreto Sicurezza bis. La stessa convenzione all’articolo 29 definisce cos’è la nave da guerra: dice che la nave da guerra è una nave militare, come quella della finanza, purché sia comandata da un Ufficiale di Marina. Non da un finanziere. Allora, io credo se ne possa discutere, ma in base alle regole internazionali la nave da guerra è un’altra cosa.

Articolo Precedente

Onlus della ‘ndrangheta per gestire i migranti, sotto accusa 4 associazioni: “Falsi documenti per favorire detenuti”

next
Articolo Successivo

Migranti, Patronaggio (pm Agrigento): “Non c’è nessuna prova di accordi tra trafficanti e ong”

next