“Non è costruendo muri che si gestisce il fenomeno migratorio. Non è così che un grande Paese come l’Italia può pensare di far fronte a un fenomeno epocale. Tutti i muri, infatti, sono destinati a essere superati o abbattuti. Lo dice la nostra storia”. Ad affermarlo è il presidente della Camera Roberto Fico, in occasione del convegno “Corridoi umanitari per un’Europa solidale” che si è tenuto a Montecitorio il primo luglio. La dichiarazione si inserisce nel dibattito – alimentato negli ultimi giorni dal caso della Sea Watch – sulla gestione dei flussi migratori. E domenica 30 giugno, il governatore del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, ha dichiarato che “se l’Europa non tutela i suoi confini noi saremo costretti a fermare l’ondata migratoria che avanza attraverso altri Paesi dell’Ue con tutti i mezzi”. E ha annunciato di essere al lavoro per costruire una barriera al confine con la Slovenia.

Secondo il presidente della Camera, invece, una valida risposta al fenomeno migratorio sono i corridoi umanitari: “Sono una misura che consente ai potenziali beneficiari di protezione internazionale, in particolar modo i più vulnerabili, di trovare attraverso canali regolari e sicuri accoglienza e soprattutto integrazione nel nostro Paese”. E poi tira in ballo l’Europa: è necessaria, dice, “la condivisione delle responsabilità e degli oneri relativi ai migranti che, al di fuori dei canali legali, giungano sul territorio europeo soprattutto via mare; ciò sia in termini di operazioni di soccorso, sia con riferimento alla successiva gestione a terra. Occorre, stabilire che chi – rifugiato o migrante – approda in uno Stato membro qualsiasi, va preso in carico dall’Europa nel suo complesso”. 

Roberto Fico chiede, poi, il superamento – “e non la semplice revisione” – del regolamento di Dublino, che prevede che i migranti sono costretti, salvo alcuni casi, a chiedere l’asilo nel primo Paese dove arrivano, e l’automatica redistribuzione dei richiedenti asilo tra tutti i Paesi membri. “Come è noto – afferma – il meccanismo di ricollocazione dei migranti giunti in Italia e Grecia, adottato dall’Unione nel 2015, non è stato attuato da alcuni Paesi. Quei Paesi non possono essere i nostri modelli, perché le loro politiche vanno contro l’interesse dell’Italia. E non solo, vanno contro gli interessi dell’Europa tutta. I comportamenti contro le regole andrebbero quindi perseguiti anche con penalizzazioni di carattere economico, per esempio a valere sui fondi strutturali. Non è accettabile una violazione così grave e manifesta di un atto giuridicamente vincolante dell’Unione”.

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