La brillante idea è venuta a una signora tedesca. Si chiama Beatrix von Storch e siede nel Bundestag, il parlamento federale della Germania, per l’AfD, un partito di estrema destra: nel corso delle ultime elezioni europee si è alleato con l’Europa delle Nazioni e della Libertà (ENF), formazione di partiti sovranisti cara a Matteo Salvini, leader della Lega, ministro dell’Interno e (vice)premier. Ebbene, la signora è convinta che Salvini meriti il premio Nobel per la pace. “Ha costruito una politica di successo per la stabilità dell’Europa e ha salvato migliaia di vite. Un esempio che altri dovrebbero seguire», ha scritto la von Storch giovedì, in una nota pubblicata sul sito dell’AfD. «Chiudendo i confini italiani, Salvini è riuscito a dare un taglio all’immigrazione illegale in Europa come anche all’industria del traffico di essere umani e ha dimostrato cosa può ottenere una politica onesta e determinata». Poi: «Nessuno dovrà più annegare nel Mediterraneo, se l’industria dei rifugiati e le sue imbarcazioni non avranno più la possibilità di continuare il loro sporco mestiere infondendo la falsa speranza di poter arrivare Europa».

Ovviamente chi ha letto la notizia lì per lì ha pensato a un articolo farlocco, perché è evidente che il leader della Lega ha la stessa aria paciosa di un bufalo con le palle girate (almeno, questa è la parte che recita). Basta leggere le battute proposte sul forum di Spinoza.it, il noto blog satirico collettivo, per capire quanto la realtà abbia superato la fantasia. Tipo: “Deputata tedesca era indecisa tra lui e Al- Baghdadi”; “L’estrema destra tedesca propone Salvini al Nobel per la pace. E, appena avranno letto la sua autobiografia, per la letteratura”; “A questo punto Di Maio per la letteratura, Toninelli per la fisica e Borghi per la matematica”; “In alternativa il premio per chi ingerisce più panini con i würstel”; “Ma Salvini preferiva quello per i ‘mi piace’”; e via di questo passo, incluse altre freddure truci e prevedibili, vista la nazionalità della von Storch, con paragoni tra Salvini e alcuni tedeschi della prima metà del Novecento, celebri per i metodi con cui garantivano la “pace eterna” a chi era sgradito.

L’idea balzana, e isolata, della deputata offre l’occasione per ragionare sul concetto di “pace”. Se ne possono dare, in estremissima sintesi, tre definizioni: 1) La pace, secondo una visione antica e in teoria superata, è semplicemente assenza di guerra, vale a dire la condizione in cui si trovano Stati (e anche gruppi politici, etnici, religiosi, sociali) avversari, quando i loro rapporti non sono caratterizzati da un conflitto affrontato per mezzo della forza. 2) È uno stato giuridico ben determinato, frutto di un accordo tra le parti, in virtù del quale si registra non solo la cessazione delle ostilità ma anche la regolamentazione dei rapporti futuri. 3) C’è poi una concezione tutto sommato recente (nata nel Novecento), quella sulla pace intesa anche come atto di fede in senso cristiano. “Per fare la pace – ha detto Papa Francesco nel 2014 – ci vuole coraggio… per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. … Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come atto di suprema responsabilità… La spirale dell’odio e della violenza va spezzata con una sola parola: fratello”. Questa definizione, al netto degli atti di fede, potrebbe essere condivisa da un pacifista non credente.

Nella concezione salviniana nessuno di questi punti viene rispettato. Neppure quello più antiquato, visto che il ministro ha avviato una specie di guerra contro le organizzazioni umanitarie che soccorrono i migranti in mare. Né vale la concezione illustrata nel punto 2, visto che le scelte leghiste sono unilaterali e non si basano su alcun accordo (semmai violano quelli internazionali). Sul fronte cristiano, è difficile capire quale sia il concetto di fratellanza espresso – tra un’esibizione del Vangelo e una del rosario – dagli anatemi salviniani contro migranti e rom.

Vista la situazione, vengono semmai in mente le parole di Tacito. Il grande storico della Roma imperiale le scrisse nell’Agricola attribuendole al capo dei Caledoni, Calgaco, che si riferiva alla politica espansionista romana: “Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant”; cioè “Dove hanno fatto il deserto, lo chiamano pace”. Suonano attuali più che mai. Perché forse oggi quel deserto è anche il mare tra l’Africa e la Sicilia.

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