di Marco

Sono Marco e ho già parlato della mia malattia, la sclerosi multipla, in passato.

Al fine di avere qualche permesso in più al lavoro per fare fisioterapia, l’Associazione italiana Sclerosi Multipla (Aism) mi consigliò di fare domanda all’Inps per accedere alla legge 104. Per far ciò però non bastava la visita fisiatrica fatta all’Aism, ma serviva una visita fatta con il Servizio sanitario nazionale (Ssn) in cui un neurologo certificasse lo stato della mia malattia, una richiesta sensata che non mi sembrava particolarmente difficile da soddisfare. Presi dunque un appuntamento con uno dei neurologi che mi seguono dall’inizio della malattia (per inciso, sono seguito in un grande ospedale pubblico del Nord Italia) e, mostrando il referto del fisiatra dell’Aism, chiesi al neurologo di redigermi il referto per fare domanda di accesso alla legge 104.

Neurologo: “Dal nostro database vedo che lei ha interrotto l’uso del Copaxone”.
Io: “In effetti sì, l’ho interrotto a causa di pesanti effetti collaterali avuti” (nota: evidentemente non se lo ricordava).
Neurologo: “Allora possiamo iniziare con Ocrelizumab”.
Io: “Ocrelizumab è un farmaco nuovo di cui non si conoscono gli effetti collaterali a medio e lungo termine, preferirei non prenderlo”.

Cala il silenzio. Visto che il neurologo non proferisce parola intervengo di nuovo: “L’Aism mi consiglia di fare domanda per la legge 104 in modo da avere qualche giorno di permesso in più sul lavoro per fare fisioterapia, servirebbe un suo referto che certificasse lo stato della mia malattia”. Il neurologo rimane distaccato e freddo, mi guarda e dice: “Prima iniziamo il farmaco, poi facciamo richiesta per la 104”. Provo a insistere sottolineando che la richiesta della 104 era stata suggerita addirittura dall’Aism, secondo loro ne avevo diritto. Il neurologo fa finta di non sentire nemmeno, mi dice che mi ha fissato un appuntamento per iniziare la terapia farmacologica (una flebo di qualche ora da farsi in ospedale), si alza e mi invita verso la porta, la visita è finita.

Per chi non lo sapesse l’accesso alla legge 104 non è in alcun modo vincolato alla terapia che si sta seguendo ma unicamente alla sintomatologia del paziente e rivendico il mio diritto da paziente di poter scegliere di seguire o meno una certa cura. Questo evidente ricatto dovrebbe far pensare riguardo al rapporto medico-paziente nella nostra società: troppo spesso ho avuto la sensazione che il medico che avevo davanti sentisse di avere un potere assoluto su di me (potere che in realtà io non gli ho mai concesso, sia chiaro) senza prendere neanche in considerazione la possibilità di condivisione delle scelte.

Ovviamente mi sono chiesto il perché di questo comportamento e, com’è normale, non posso avere certezze. La prima cosa però che ho pensato è stata il costo del farmaco in questione: 60mila euro l’anno – cifra che non avrei dovuto sborsare io, s’intende; sarebbe stata pagata dal Ssn. Mi sono chiesto però se il costo enorme di questa terapia non avesse in qualche modo influito sulla determinazione del neurologo nel forzarmi a farmela seguire. Lo so, sono pure speculazioni malpensanti ma non ci posso far nulla, è quello che ho pensato.

Alla fine com’è finita? Ovviamente non ho ceduto al ricatto, non ho accettato di fare la terapia impostami, sono andato da un altro neurologo in un altro grande ospedale del Nord Italia in una Regione diversa dalla mia. Questo neurologo non ha avuto problemi a certificarmi lo stato della malattia e alla fine la commissione medica dell’Inps mi ha riconosciuto la legge 104 che attualmente utilizzo per avere qualche permesso in più sul lavoro per fare fisioterapia.

Dunque questa storia finisce bene, anche se mi domando quante persone nella mia condizione accettino di seguire questa o quella terapia perché imposta da parte del loro medico contro la loro volontà. Speriamo siano solo mie paure infondate.

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