L’arbitro gli chiede di fare un passo in avanti, lui quasi indietreggia, si appoggia alle corde: è il segno della resa, è una delle più grandi sorprese nella storia della boxe. Impossibile descrivere diversamente quanto accaduto questa notte al Madison Square Garden di New York, dove Andy Ruiz junior ha battuto per ko in sette riprese il campione dei pesi massimi Anthony Joshua, fino a ieri detentore dei titoli mondiali IBF, WBA, WBO e IBO. Un verdetto totalmente inaspettato: basti pensare che alla vigilia del match le scommesse vertevano tutto sul numero di riprese che il californiano di origini messicane sarebbe riuscito a strappare al campione inglese, all’esordio in terra americana. Le immagini, poi, dicevano il resto: grasso, tarchiato, più sgherro da pub che atleta Andy Ruiz (32 vittorie – 21 per ko – e un sconfitta in carriera), che ha faticato non poco a rimanere nei limiti del peso consentito; alto, scultoreo, elegante, imbattibile il campione del mondo, finora 22 vittorie (21 per ko) in 22 incontri. 

Oltre ai numeri, oltre all’evidenza dei corpi, c’era anche un altro fattore a far pendere ogni tipo di pronostico per la star Joshua, che fino a un mese fa avrebbe dovuto difendere le sue quattro corone dagli assalti di Jarrell Miller. Il pugile statunitense, però, è stato trovato positivo a una sostanza vietata ed è stato squalificato il 17 aprile scorso. Da allora gli agenti di Joshua hanno lavorato sodo per riuscire a trovare uno sfidante all’altezza e quando esattamente un mese fa è stato ufficializzato l’incontro con Ruiz, in molti nel mondo della boxe hanno criticato aspramente la scelta. Il messicano era giudicato inadatto per un match di tale levatura, il campione del mondo accusato di aver organizzato una difesa semplice, giusto per soddisfare i suoi tanti tifosi che da troppo tempo aspettano di vederlo combattere.

Con questi presupposti, il match di stanotte doveva essere una pura formalità. E invece è entrato di diritto nella storia della boxe. Di studio le prime due riprese: Joshua a saltellare pigro e mettere sporadici e innocui jab, Ruiz a cercare di fermarlo con il classico stile messicano fatto di attacchi a testa bassa e tanto coraggio. La terza ripresa ha ripagato chi, in Europa, si è svegliato nel cuore della notte per assistere al combattimento. E che per un momento ha pensato di ritornare a dormire: è successo quando a un terzo della ripresa il campione del mondo ha steso Ruiz con un diretto destro al mento. Un colpo alla Joshua, per intenderci, uno di quelli che hanno reso celebre l’inglese. Lì invece è cambiato il match.

Un indizio? Gli occhi di Ruiz: a terra, come da pronostico, l’arbitro lo conta, lui sveglissimo, quasi stizzito, dispiaciuto per l’inconveniente. Si rialza e attacca a testa bassa: Joshua, che credeva di aver chiuso il match, non crede ai suoi occhi. Ruiz colpisce, una due tre volte. Il campione del mondo incassa senza difendersi. E all’ennesimo diretto al volto cade al tappeto. Sorpresa assoluta, già questa impronosticabile. Il combattimento riprende, Joshua non è lui, le gambe non reggono, è poco lucido, incassa ancora. E va giù, di nuovo, rovinosamente a pochi secondi dalla fine della terza, epica ripresa. Lo salva il gong, non sarebbe riuscito a continuare. Quarta, quinta e sesta ripresa servono al campione per riprendersi: ricomincia a saltellare, piazza qualche diretto ben messo, Ruiz è segnato al volto. Insomma, chi ha conosce Joshua è convinto che la strada verso la difesa vittoriosa dei quattro titoli è ben indirizzato, che il rischio ormai è passato, che i pugni subiti dal tozzo messicano serviranno al campione per crescere ancora nel prosieguo di carriera. E pazienza se la seconda parte della sesta ripresa ha dato un segnale chiaro: guai a sottovalutare e a dare per finito Ruiz. Che nella settima ripresa compie un capolavoro: attacca da subito, col suo stile e con la sua cifra pugilistica, combinazione di diretti al volto, Joshua al tappeto per la terza volta. Si rialza, il campione, ma mancano ancora due minuti, nessun gong può salvarlo. Prova a difendersi, a limitare Ruiz; il messicano è una furia, colpisce, diretti al mento e alla testa, il campione del mondo crolla, quarto atterramento, prima di oggi era andato giù solo una volta, il 29 aprile 2017 contro Volodymyr Klyčko, non un pugile qualunque.

Il campione è in ginocchio, sputa il paradenti per prendere tempo, per guadagnare secondi e sperare di riprendersi ancora. Poi si alza, l’arbitro continua a contare: gli chiede di fare un passo avanti, Joshua ha lo sguardo perso, fa un passo indietro, si appoggia alle corde. L’incontro è finito, ko tecnico alla settima ripresa, Ruiz salta sul ring come se avesse vinto il primo premio alla lotteria, l’ormai ex campione neanche protesta. In Europa le prime luci dell’alba: Ruiz è il primo messicano nella storia a diventare campione del mondo dei pesi massimi: non è e non sarà mai Tyson, Holyfield o altri, ma ha cuore, carattere e tecnica. Joshua non è più il nuovo Lennox Lewis: la sua immagine subisce un colpo ancor più duro di quelli che l’anno messo ko. La storia della boxe è riscritta, in attesa della rivincita.

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