Il dibattito si riaccese alla fine degli anni ’80. In Parlamento si discuteva del nuovo ordinamento delle autonomie locali. Qualcuno ipotizzò di abolire quell’ente piazzato a metà tra comuni e regioni. Ma quella era pur sempre la Prima Repubblica: ad essere abolito fu il limite minimo di abitanti per creare una provincia. Era fissato a 200mila cittadini: venne rimosso per far nascere nuove province di tutti i tipi. Come Vibo Valentia, Rimini, Lodi. Poi fu la volta di quelle doppie come Forlì-Cesena, Pesaro-Urbino, Massa-Carrara, Carbonia-Iglesias. Più esilarante il caso di quelle a tre facce: Barletta-Andria-Trani, tre capoluoghi per una sola provincia, o Verbano-Cusio-Ossola, con capoluogo Verbania ma nome triplo per non scontentare nessuno. Identico escamotage in Sardegna per la provincia del Medio Campidano, poi diventata del Sud Sardegna, sintesi tra le città di Sanluri e Villacidro. Nuovi enti, nuove prefetture, nuove archivi doppi e tripli: una mancia per i politici locali che facevano bella figura coi loro collegi elettorali.
Costi della politica
Le province sono poche: ecco quelle doppie e triple - 5/8

Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione