Bonus nozze, ma solo se ci si sposa in chiesa. La Lega ha firmato un progetto di legge in corso di esame in Commissione Finanze, alla Camera con il quale si cercherebbe di porre rimedio non tanto al calo generico dei matrimoni, con coppie che sempre più rinunciano a sposarsi anche per ragioni economiche, quanto a quello (ancora più drastico) che riguarda i riti religiosi. Il testo è stato presentato il 13 novembre 2018 dal leghista Domenico Furgiuele, imprenditore edile di Lamezia Terme, eletto nella circoscrizione Calabria e qualche mese fa al centro di una polemica che ha spaccato la Lega nella regione. Sottoscritta da altri 51 deputati, la norma prevederebbe una detrazione fino a 4mila euro per gli sposi sotto i 35 anni con un reddito basso. Escluse dal beneficio tutte le unioni civili.

IL TESTO IN TRE ARTICOLI – Sono previste detrazioni fino al 20 per cento delle spese (quelle detraibili non possono superare la quota massima e pur ragguardevole di 20mila euro) relative alla celebrazione delle nozze per i fidanzati under 35, che hanno un Isee complessivo non superiore ai 23mila euro e a 11.500 euro a persona. Le cerimonie dovranno essere celebrate in territorio italiano. Non solo: per accedere alla detrazione i due sposini dovranno avere la cittadinanza italiana da almeno 10 anni. Sarà possibile richiedere l’agevolazione fiscale per “ornamenti in Chiesa, tra cui i fiori decorativi, la passatoia e i libretti – si legge nel testo – gli abiti per gli sposi, il servizio di ristorazione, le bomboniere, il servizio di coiffeur e di make-up e, in fine, il servizio del wedding reporter”. Le spese detraibili non possono superare la cifra di 20mila euro e le detrazioni saranno divise tra gli sposi in parti uguali e corrisposte in cinque rate annuali. Per poter accedere al bonus, bisognerà indicare nella dichiarazione dei redditi le spese sostenute, che dovranno essere effettuate tramite bonifico bancario o con carta di debito o di credito e sarà necessario conservare le ricevute.

LA SPESA E LA COPERTURA FINANZIARIA – Per la copertura finanziaria del bonus si è fatto riferimento ai dati Istat relativi ai matrimoni celebrati nel 2016, che sono stati 107.873. “Si prevede che la quota massima detraibile per coppia sarà pari al 20 per cento di 20mila euro”, cioè 4mila euro da dividere in cinque quote annuali di pari importo. “La spesa prevista per il bonus matrimonio – si legge nella relazione che precede i tre articoli della proposta di legge – sarà pari a circa 431.492.000 euro, cioè a 86.298.400 euro per cinque rate”. Una spesa che si ritiene potrà essere più bassa “considerati il calo dei matrimoni nel nostro Paese e i requisiti richiesti per usufruire del bonus”. Per lo Stato sono stati calcolati oneri per 65 milioni di euro per il 2019, 75 per il 2020 e 85 milioni a decorrere dal 2021. Si provvederà “mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto – recita l’articolo 3 – ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma Fondi di riserva e speciali della missione Fondi da ripartire dello Stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.

IL CALO DEI MATRIMONI – La spinta a presentare il testo, ricordano i deputati del Carroccio, arriva dai dati relativi ai matrimoni celebrati in chiesa in Italia. Quei 107.873 matrimoni religiosi nel 2016 (33.250 al Nord, 16.598 al Centro e 58.025 al Sud e nelle Isole) sono significativi se confrontati con quelli del 2006, ossia 162.364 (54.968 al Nord, 29.078 al Centro e 78.588 tra Sud e Isole). “Abbiamo assistito, di fatto, a un crollo dei matrimoni religiosi – è scritto nella relazione – pari a circa il 34 per cento, che in valore assoluto è pari a 54.491 nozze in meno nell’arco temporale di un decennio”.

GLI ESCLUSI – I firmatari del testo ricordano che oggi il matrimonio civile è scelto da quasi una coppia su due: le giovani coppie che scelgono questo rito rappresentano circa il 46,9 per cento del totale. Sarebbero gli esclusi dalla detrazione. E non sono affatto pochi. Considerando sia le unioni civili costituite in Italia sia le trascrizioni di unioni costituite all’estero, al primo gennaio 2018 i residenti nel Paese uniti civilmente sono circa 13mila (0,02% della popolazione), di sesso maschile nel 68,3% dei casi. Hanno un’età media di 49,5 anni se uomini e di 45,9 anni se donne e risiedono prevalentemente nel Nord (56,8%) e al Centro (31,5%). A partire da luglio 2016 e fino al 31 dicembre 2017, in Italia sono state costituite nel complesso 6.712 unioni civili (2.336 nel secondo semestre 2016 e 4.376 nel corso del 2017) che hanno riguardato prevalentemente coppie di uomini (4.682 unioni, il 69,8% del totale).

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