Una mail inviata nella notte tra il 17 e il 18 aprile alla pec del ministero dello Sviluppo Economico. All’interno un messaggio semplice: Radio Padania rinuncia ai 115mila euro che le spettavano dopo la richiesta di accedere al Fondo Mise per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione per l’anno 2017 riservato alle emittenti radiofoniche locali. A darne notizia è stata Repubblica, che a inizio gennaio aveva raccontato come la radio della Lega (con Salvini che in passato ne è stato anche direttore) aveva chiesto di poter avere i soldi pubblici, scatenando di fatto un’aspra polemica politica, anche all’interno del governo. Quegli, del resto, erano i giorni in cui il sottosegretario Vito Crimi aveva annunciato il taglio dei finanziamenti pubblici all’editoria, con gli avversari politici del M5s a sottolineare l’anomalia della radio di Salvini che avrebbe potuto contare sui soldi del ministero di Di Maio.

Quanti soldi? Secondo i primi calcoli si trattava di 70mila euro, poi lievitati a 115mila dopo una quantificazione più approfondita. Cifre fondamentali per l’emittente di via Bellerio, che di certo non naviga nell’oro. La notizia, tuttavia, ha provocato la reazione dei pentastellati, con Di Maio che prima aveva spiegato che quella ripartizione era dovuta a scelte del governo precedente e successivamente aveva annunciato approfondimenti, rinviando di fatto la pubblicazione della graduatoria degli aventi diritto ai fondi pubblici. Uno slittamento che ha provocato una serie di proteste delle altri radio locali, in difficoltà per il mancato arrivo dell’assegno. Tutto fino al 18 aprile, quando il Mise ha finalmente pubblicato la lista tanto auspicata: Radio Padania non c’è. “Abbiamo voluto evitare polemiche” ha spiegato a Repubblica l’editore Davide Franzini, che ha assicurato come la politica e nella fattispecie Salvini non c’entrino con la scelta in questione. Che però era e resta anche politica.

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