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Dalla prima clausola di Berlusconi al “Salva Italia” di Monti - 2/5

La clausole di salvaguardia sono diventate una spada di Damocle per i nostri conti pubblici. Introdotte nel 2011, prevedono l’aumento dell’Iva e delle accise qualora non si raggiungano determinati obiettivi di bilancio. Il premier di Rignano è responsabile dell’ipoteca più alta. Una zavorra da 19,2 miliardi con cui il governo Conte si deve ora confrontare, dopo averla ulteriormente appesantita a 23,1 miliardi
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Dalla prima clausola di Berlusconi al “Salva Italia” di Monti

Estate del 2011. L’Italia è a rischio default per la crisi del suo debito sovrano, lo spread fra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi è in costante salita e le pressioni internazionali si fanno sempre più forti. Il quarto governo Berlusconi è quindi costretto a varare una manovra correttiva da 24 miliardi per garantire il pareggio di bilancio entro i successivi 3 anni. Ma non basta. Poche settimane dopo il Consiglio dei ministri dà il via libera a quella che passerà alla storia come la “manovra di Ferragosto”. Insieme i due decreti-legge (il 98/11 e il 138/11) introducono per la prima volta una clausola di salvaguardia. Non prevede l’aumento automatico dell’Iva (la quale viene comunque portata dal 20 al 21 per cento), ma un taglio lineare alle agevolazioni fiscali nel caso in cui il governo non riuscisse a riordinare il sistema socio-assistenziale entro il 30 settembre 2012. Come calcolato dal Centro studi di Confindustria, il taglio alle agevolazioni avrebbe garantito un gettito di 4 miliardi per il 2012, 16 per il 2013 e 20 miliardi per il 2014.

Gli sforzi non sono sufficienti: il governo Berlusconi cade dopo l’approvazione della legge di stabilità e nel giro di quattro giorni si insedia a palazzo Chigi il “tecnico” Mario Monti. È proprio lui a dover disinnescare per la prima volta gli effetti di una clausola di salvaguardia. Lo fa innanzitutto con il decreto “Salva Italia”, che contiene le coperture per sterilizzare i 4 miliardi attesi per il 2012 e riduce di 6,3 miliardi il gettito dei due anni successivi. Viene cambiata anche la natura della stessa norma: non più un taglio delle tax expenditure, ma un aumento automatico delle aliquote Iva. Insomma, le clausole di salvaguardia come le conosciamo oggi. Dopo aver blindato il pareggio di bilancio, il governo Monti ne riduce ulteriormente l’importo attraverso un taglio alle spese dei ministeri (decreto Spending review) e in parte aumentando il deficit. Restano da trovare risorse per 6,3 miliardi complessivi, pena un aumento dell’Iva di un punto percentuale.

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