Raisa Labaran ha 27 anni ed è mediatrice culturale. Frequenta un corso per diventare infermiera ma in questo fine settimana è la portavoce ufficiale di “Moschea aperta”: dopo il vescovo arrivato a giugno, la comunità musulmana di Brescia ha infatti aperto le porte del suo luogo di culto attivo nella città. Due giorni – a cavallo della festività cristiana della domenica delle Palme – di ospitalità, incontri con dibattiti, ospiti come il sociologo Fabrizio Ciocca e il criminologo Carlo Alberto Romano. Il senso dell’iniziativa? Per esempio spiegare che per le donne il capo coperto è una scelta. Un gesto certamente gradito ma solo se spontaneo, nessuna imposizione.
Un migliaio di partecipanti tra cristiani cattolici, non credenti, musulmani. La sintesi del significato di Moschea aperta è di Raisa: “Abbiamo voluto essere più concreti e meno filosofici. Abbiamo spalancato le porte della nostra casa a tutti. Una prova da veri cittadini”. Aperta nel 2001, la moschea – per l’esattezza Centro culturale islamico di Brescia, Ccib – ogni venerdì di preghiera richiama dalle 3mila alle 4mila persone sia dalla città che dalla provincia in cui vivono circa 200mila immigrati, in maggioranza di fede musulmana.
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Dopo decenni di arrivi – in particolare per le necessità (ora esaurite) di forza lavoro nelle industrie e nelle aziende agricole – questa, come sostiene Raisa, è l’età della maturità da parte della comunità dei praticanti musulmani e non. La ragazza parla di “Islam italiano” che “si confronta con le istituzioni locali sui temi della sicurezza ma anche su argomenti come i piani regolatori comunali”. L’unica vera polemica suscitata dalla presenza della moschea è stata un paio di anni fa, rispetto al progetto di costruzione di un minareto poi stoppato dall’amministrazione di destra e in particolare dalla fronda leghista.
Ma per Raisa anche quella è una questione superata. “Noi non facciamo più paura. Sono certa che oggi l’argomento potrebbe essere affrontato in modo diverso da entrambe le parti”. La moschea bresciana è una grande cascina: dal tradizionale portone in legno si accede alla grande area che in questo fine settimana ospita i gazebo, accanto a un piccolo negozio rimane lo spazio dove lasciare le scarpe prima dell’ingresso nel luogo della preghiera, per una Domenica delle Palme decisamente ecumenica.
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