di Giusy Cinquemani

Se la storia di questa nascita fosse stata ordinaria, non staremmo qui a parlarne. Infatti, benché la storia della nascita sia sempre un fatto intrigante e fondante per ogni persona, le sue vicende procreative, simboliche, immaginarie e narrative sono materia di racconti familiari e affettivi, nonché di stanze e libri di psicoanalisi.

Comunque la storia è quella del bambino partorito da una donna di 61 anni, concepito con l’ovulo della figlia e con lo sperma del compagno del figlio gay. Allora, il bambino è nipote e fratello di uno dei due genitori (all’anagrafe) omosessuali, l’unico che non ha fornito materiale genetico. Evidentemente l’incesto in vitro è ancora scoraggiato, probabilmente per problemi di rischi di tare ereditarie, dato che siamo ancora arretrati sul piano della ricerca genetica, viceversa di altri vincoli morali o etici non c’è più traccia nella vicenda.

Proseguiamo. Il bambino è nipote della donna-madre-zia (quella che ha fornito l’ovulo), nipote della donna-madre-nonna che l’ha partorito, figlio dell’uomo che ha fornito il suo sperma, se vogliamo considerare il materiale genetico e quelli di parentela giuridica. Insomma un esemplare vivente di un Edipo odierno, transumano e postumano, ultimo frutto di un albero genealogico accartocciato su se stesso. Se non sapessimo che è una vicenda che riguarda persone viventi, potrebbe essere la trama di una pièce teatrale di un qualche regista contemporaneo che prova a interrogarsi sulle nostre povere vite segnate dall’arroganza (hýbris).

Sull’intricata vicenda mi vengono due riflessioni.

1. La prima prende spunto da una battuta di Sully, protagonista del’omonimo film di Clint Eastwood del 2016: “Tutto è senza precedenti finché non capita per la prima volta.”. E quando accade un evento senza precedenti, il fattore umano è fondamentale rispetto alla possibilità di lasciarci o meno le penne. Qui il problema è che questo evento-nascita non è stato in sé imprevedibile. Anzi, l’evento è stato voluto, cercato, progettato e realizzato. Imprevedibili saranno le sue conseguenze. Un po’ come i Boeing 737 Max progettati per volare tenendo quasi fuori del tutto il fattore umano. Purtroppo quanto questa sia stata un progetto nefasto lo dicono i morti.

2. L’altra riflessione riguarda l’atto della scelta. Quando operiamo una scelta pensiamo di scegliere tra una cosa giusta e una sbagliata. Quante persone, soprattutto adolescenti, rimangono impallati e bloccati dal terrore dell’errore! Oppure pensiamo di scegliere tra il dolore e la felicità. Una misera illusione. La scelta è sempre tra dolori diversi. Per esempio tra il non avere figli, per qualunque ragione e il tentare e riuscire ad averli in qualunque modo. Tra il dolore di una condizione precedente la scelta e il dolore successivo alla scelta, compreso quello di coloro su cui le scelte potrebbero impattare catastroficamente.

@GiuCinque

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