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L'iter che ha portato al voto - 4/5

Gli stati membri dell'Unione manterranno però il diritto di decidere il proprio fuso orario: le loro decisioni dovranno essere coordinate con la Commissione, per garantire che l’applicazione dell’ora legale in alcuni Paesi e dell’ora solare in altri non crei problemi per l'economia del mercato interno interno all'Unione
L'iter che ha portato al voto
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L’iter che ha portato al voto

In risposta alle iniziative dei cittadini, nel febbraio 2018 il Parlamento ha chiesto alla Commissione di valutare la direttiva sull’ora legale e, se necessario, presentare una proposta di revisione della stessa. A seguito della valutazione, che ha ricevuto 4,6 milioni di risposte con l’84% favorevole a porre fine ai cambiamenti di orario, la Commissione ha presentato la proposta, che dovrà essere concordata tra il Parlamento e il Consiglio per entrare in vigore.

I rischi per l’economia (e chi viaggia)

Tra interessi commerciali, risparmio energetico e quindi anche economico, la questione del cambio dell’ora non è solamente un dibattito sul dormire un po’ di più o di meno, o sulla necessità di dover materialmente spostare le lancette due volte l’anno. Parafrasando il famoso titolo del settimanale satirico Cuore, il cambio dell’ora legale creerà panico non più tra i socialisti, ma in tutta Europa. Ecco un esempio: la Francia decide di mantenere l’ora solare, mentre in Italia rimane in vigore l’ora legale. Un viaggiatore che passa il confine a Ventimiglia deve spostare un’ora in avanti le lancette. Poi risale le Alpi e arriva al Brennero: l’Austria ha deciso come Parigi di tenere l’ora solare, quindi l’orologio va riportato indietro di un’ora. A quel punto da Vienna lo stesso viaggiatore prende un volo verso Atene per godersi pure qualche giorno di mare: la Grecia ha scelto l’ora legale, allora le lancette vanno spostate avanti di ben due ore, perché siamo anche in un fuso orario diverso (+2). Da mal di testa. E i problemi non riguarderanno solo un ipotetico turista. Citando sempre la Commissione, ci sarebberomaggiori costi per gli scambi transfrontalieri, inconvenienti nei trasporti, nella comunicazione e nei viaggi, oltre a un generale abbassamento della produttività nel mercato interno per beni e servizi.

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