Fare pace. La diplomazia di Sant’Egidio. Forse poche volte come in questo caso il titolo del corposo volume curato dalla storico Roberto Morozzo della Rocca, ed edito da San Paolo, sintetizza bene il suo contenuto. Ma non solo. Fare pace è davvero la perfetta sintesi dell’opera insostituibile realizzata, nei suoi primi 51 anni di vita, dalla Comunità di Sant’Egidio fondata da Andrea Riccardi e oggi presieduta da Marco Impagliazzo. Non a caso questo movimento, fortemente sostenuto e incoraggiato da San Giovanni Paolo II, è conosciuto anche come “l’Onu di Trastevere”, il quartiere romano dove da sempre ha sede.

Nel volume sono passate in rassegna le principali iniziative di pace di Sant’Egidio. Dal Mozambico all’Algeria, dal Guatemala al Burundi, dall’Albania al Kosovo, dalla Liberia alla Costa d’Avorio, dal Centrafrica al Togo, dalla Guinea Conakry al Niger. Senza dimenticare le battaglie per sconfiggere l’aids in Africa e per eliminare la pena di morte nel mondo. “Una ‘forza debole’” la definisce Riccardi che spiega: “L’azione di Sant’Egidio non è quella di un gruppo di diplomatici in concorrenza con le diplomazie ufficiali degli Stati o delle organizzazioni internazionali. Al contrario, manifesta la convinzione che, in un mondo dove tanto si è privatizzato, l’intervento dello Stato nell’azione internazionale resta decisivo”.

Per Riccardi, infatti, “molto spesso i conflitti nascono proprio dall’incapacità dello Stato di farsi carico delle domande di sicurezza, di partecipazione, di benessere della popolazione. In varie iniziative di pace, la Comunità ha lavorato in stretta connessione con i governi. In Costa d’Avorio Sant’Egidio, unica realtà non esclusivamente africana, ha partecipato alla riconciliazione a fianco dei governi africani. Sant’Egidio ha inoltre costantemente sollecitato l’intervento dei governi in alcune situazioni di tensione. Se una realtà come la Comunità può avere alcune capacità proprie d’intervento, questo non significa che il campo della pace e della guerra non debba vedere la responsabilizzazione degli Stati”. 

Del resto, come ricorda il suo fondatore, “la Comunità è priva di alcune ‘forze’ che caratterizzano, più o meno, gli interventi governativi. Le mancano la forza economica e quella militare. Si potrebbe parlare di una ‘debolezza’ degli interventi di Sant’Egidio. O meglio si può dire che la Comunità ha una sua forza, una ‘forza debole’, morale, spirituale, umana, che mira a creare il dialogo e a trasformare l’uomo nel contatto. È una forza diversa da quella delle armi o da quella dei governi. Spesso utile, talvolta necessaria”.

È indubbio che l’opera di Sant’Egidio abbia trovato un sostegno fondamentale in Karol Wojtyla. Soprattutto quando, nel 1986, il Papa polacco volle convocare ad Assisi i leader di tutte le religioni del mondo. Uno spirito di pace che la Comunità ha portato nel mondo di anno in anno, rinnovando quel dialogo tra le religioni per la pace che è oggi al primo posto nell’agenda di Papa Francesco. Lo ha ricordato Impagliazzo intervenendo alla Conferenza internazionale sulla Fratellanza umana, svoltasi ad Abu Dhabi, e alla quale ha partecipato Bergoglio.

“Con il dialogo – ha spiegato il presidente di Sant’Egidio – si ricuciono i frantumi del mondo, atomi pericolosi e ponti rotti. L’uomo religioso è colui che dialoga. Le religioni, nella loro sapienza millenaria, levigate dalla preghiera e dal contatto con il soffrire degli uomini sono laboratori di umanità. Sono organismi vivi: raccolgono e ascoltano gli aneliti dell’uomo e della donna. Non ideologie, ma comunità radicate nelle terre, vicine al dolore, alla gioia e al sudore delle persone, capaci di accoglierne il respiro. Ho visto – ha aggiunto Impagliazzo – la preghiera di tanti disperati in luoghi di dolore o nei viaggi terribili dei profughi. Missione delle religioni è far conoscere l’amore che irradia luce e vita, che fa recuperare la voglia di pace, di ospitalità, di bene. Non siamo pessimisti. Ci sono energie umane e spirituali per un mondo migliore. Per vincere la guerra. Per realizzare un mondo più fraterno. Per far crescere l’amicizia. Le religioni lo ricordano a un’umanità smemorata e spaventata. E con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, testimoniano che la pace è sempre possibile”.

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