“L’attenzione economico-commerciale” per la Via della seta “è pienamente legittima. Ed è giustificata proprio alla luce dei nostri interessi nazionali: possiamo potenziare il nostro export verso un mercato di enormi dimensioni”. Il premier Giuseppe Conte parla alla Camera in vista del Consiglio europeo del 21 e 22 marzo 2019 e in relazione al Memorandum d’intesa con la Cina sulla ‘Via della Seta’. Sull’accordo di principio la firma è attesa sabato a Villa Madama, per stabilire il perimetro di un’ambiziosa partnership fondata su scambi commerciali, investimenti e infrastrutture. Nel suo intervento in aula il presidente del Consiglio specifica che “non è un accordo internazionale e non crea vincoli giuridici” e rassicura sul contenuto del memorandum, “negoziato per lunghi mesi con Pechino, coinvolgendo tutte le amministrazioni interessate”. Poi specifica che non presenta alcun rischio per i nostri interessi nazionali ed è pienamente in linea con la strategia dell’Ue” ed essendo “squisitamente economico-commerciale, non mette minimamente in discussione la nostra collocazione euro-atlantica”. Nel governo, infatti, Matteo Salvini resta ancorato alla linea della cautela, mostrandosi il più sensibile ai dubbi di Washington, preoccupata che l’accordo possa minare il pressing su Pechino in ambito commerciale. Anche l’Ue vorrebbe evitare fughe in avanti di un singolo paese verso Pechino, ma Moavero assicura che a Bruxelles non ci sono preclusioni per l’iniziativa italiana. 

“Come nelle collaborazioni con altri Paesi, il governo italiano opererà, anche nell’ambito della Belt and Road Initiative, un attento monitoraggio delle singole iniziative di collaborazione che saranno avviate a valle del Memorandum, per garantire che anch’esse siano promosse con attenzione alla difesa degli interessi nazionali, alla protezione delle infrastrutture strategiche, anche nel digitale, e prevenendo il trasferimento di tecnologie in settori sensibili”. Rivendica anche “che il nostro approccio alla Belt and Road è tra i più lungimiranti ed efficaci che siano mai stati applicati in ambito europeo” e precisa che “altri Stati membri, pur non avendo stipulato analoghe intese con Pechino, già collaborano molto più di noi su questa iniziativa. L’Italia ha scelto un approccio trasparente. Formalizzando la collaborazione con la Cina in una cornice ben definita, abbiamo preferito esplicitare con chiarezza i pilastri fondamentali, di matrice europea, da cui ci lasciamo ispirare”.

Sollecita poi l’unità dell’Europa perché se non rimarrà compatta “non potrà essere fortecompetitiva, prima di tutto sul piano politico, nel definire e nel perseguire la propria posizione in ordine a priorità, come Brexit, clima, crescita, rapporto con la Cina“.  “Il vertice Ue-Cina a Bruxelles – ha continuato il presidente del Consiglio – avverrà a poco più di due settimane dalla conclusione della visita di stato del Presidente Xi Jinping in Italia”, che si terrà dal 21 al 24 marzo, con tappe a Roma e Palermo ed incontri con le più alte cariche: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, i presidenti di Camera e Senato Roberto Fico e Elisabetta Casellati, e lo stesso premier. “Agli omologhi europei, giovedì, potrò quindi ribadire la piena coincidenza tra la visione italiana del rapporto con la Cina e la strategia seguita dall’Unione europea, che sarà persino rafforzata dall’approccio italiano”.

I dubbi interni alla maggioranza – Il leader M5S Luigi Di Maio ha posto l’accento sulla “grande opportunità per il Made in Italy in Cina” ed il sottosegretario allo Sviluppo Economico Michele Geraci ha assicurato che “il governo è allineato al 100%”, perché ha trovato una “sintesi ottimale”. Sul fronte leghista, invece, Salvini ha chiarito che c’è ancora molto da fare. Perché il memorandum “è la cornice e noi stiamo valutando riga per riga il contenuto”. Ossia: “Investimenti cinesi in ferrovie e porti ok, ma controllo sempre in mani italiane”. E soprattutto: “Vincoli su sicurezza, controllo dei dati degli italiani e energia”, ha puntualizzato Salvini. Con uno sguardo a Washington, che teme l’inizio di una colonizzazione cinese grazie al controllo statale degli investimenti in Italia. Senza contare il nodo 5G, la super-tecnologia delle telecomunicazioni che Pechino vuole esportare: un dossier, quest’ultimo, che non fa parte della Via della Seta, ma è strategico per determinare la futura influenza del gigante asiatico in Europa.

Proprio le relazioni tra Ue e Cina sono state al centro del consiglio dei ministri degli Esteri a Bruxelles, a cui ha partecipato il capo della diplomazia di Pechino Wang Yi. L’Alto rappresentante Federica Mogherini ha definito la collaborazione con la Cina “senza precedenti”, ma ha avvertito che i singoli paesi “non hanno la taglia e la potenza per negoziare alla pari” con Pechino. Gli ha fatto eco, in modo più netto, il ministro tedesco Heiko Maas, secondo cui bisogna proseguire nel solco della “strategia Ue e restare uniti”: un segnale non troppo velato di preoccupazione per lo scatto in avanti di Roma lungo la Via della Seta. Diversa è la lettura del collega Moavero sulla riunione: “Nessuno ha sollevato perplessità sul memorandum che stiamo per firmare, e in attesa di una migliore strategia unitaria dell’Ue ogni Stato tiene i suoi rapporti bilaterali”. Il cammino dell’Italia verso la Cina, nei fatti, è già iniziato. A Milano è stato lanciato il progetto XìAn International Fashion Town, per costituire un polo della moda nell’antica capitale cinese. Secondo il presidente della Fondazione Italia-Cina Alberto Bombassei, “l’incontro tra le eccellenze italiane del fashion e la vivace imprenditorialità cinese non potrà che essere un successo per tutti”.

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