L’Italia si prepara a diventare il primo Paese del G7 a sostenere formalmente la Belt and Road Initiative, altrimenti nota come “nuova Via della Seta”: un maxi progetto infrastrutturale che comprende porti, linee ferroviarie, strade e corridoi marittimi con cui il presidente cinese Xi Jinping punta a connettere la Cina a Europa e Africa. Ma la prospettiva di un’intesa Roma-Pechino, che il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci come riporta il Financial Times vorrebbe chiudere a fine marzo quando Xi sarà in visita in Italia, ha già provocato la dura reazione di Usa e Ue. “Il negoziato non è ancora completato, ma è possibile sia concluso in tempo per la visita – ha detto Geraci, che dal 2008 è stato docente di economia e finanza in Cina – Vogliamo assicurarci che i prodotti del made in Italy possano avere più successo in termini di volumi di export verso la Cina, che è il mercato a crescita più veloce al mondo”.

Garrett Marquis, portavoce del National Security Council della Casa Bianca, ha detto al quotidiano finanziario che il sostegno del governo italiano difficilmente “porterà benefici sostanziali” al Paese e “potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale dell’Italia sul lungo periodo”. Ma sopratutto “potrebbe minare il pressing di Washington su Pechino in merito al commercio e creare problemi agli sforzi di Bruxelles per superare le divisioni e trovare una posizione condivisa sul migliore approccio possibile verso gli investimenti cinesi. Più in generale i funzionari Usa hanno sollevato timori sui potenziali effetti negativi della “diplomazia infrastrutturale della Cina”, sollecitando “tutti i partner e gli alleati, inclusa l’Italia, a premere sulla Cina per portare i suoi sforzi sugli investimenti globali in linea coi riconosciuti standard internazionali e le migliori pratiche”. Geraci ha commentato dicendo che non “risulta alcuna irritazione degli Stati Uniti nei confronti dell’Italia: non ho avuto alcuna comunicazione dell’ambasciata. Quando avrò questa notizia potrò commentarla”.

Altrettanto fredda la posizione di Bruxelles: un portavoce della Commissione ha commentato dicendo che “né la Ue né nessuno Stato membro può ottenere efficacemente i suoi obiettivi con la Cina senza piena unità. Tutti gli Stati membri individualmente, e nell’ambito della cooperazione sub regionale come il formato 16+1, hanno la responsabilità di assicurare coerenza con le leggi e le politiche Ue e di rispettare l’unità dell’Ue nell’attuare tali politiche”. Sulla Belt and Road il portavoce ricorda che la Ue collabora “sulla base del presupposto che la Cina adempia al suo scopo dichiarato di renderla una piattaforma aperta che aderisce alle regole del mercato, agli standard internazionali ed Ue, e sia da complemento a politiche e progetti europei, per ottenere benefici per tutti e in tutti i Paesi della via pianificata”. Il portavoce sottolinea inoltre che “è noto che vorremmo anche vedere di più sull’attuazione degli impegni presi dalla Cina su trasparenza e parità di condizioni per commercio e investimenti basati sulle regole del mercato e sulle norme internazionali”. Per quanto riguarda il Memorandum of Understanding, che l’Italia ha annunciato di voler firmare, il portavoce sottolinea che la Ue non l’ha firmato, anche se diversi Stati membri l’hanno fatto, mentre altri si sono rifiutati.

La presa di posizione Ue arriva dopo che, martedì, l’Italia – unico paese membro insieme alla Gran Bretagna – si è astenuta nel voto in Consiglio Ue sul regolamento che introduce nuove norme per esercitare un miglior controllo sugli investimenti diretti provenienti da Paesi terzi per motivi di sicurezza o di ordine pubblico. Tutti gli altri hanno votato in favore. Le disposizioni contenute nel regolamento prevedono la creazione di un meccanismo di cooperazione in cui gli Stati membri e la Commissione saranno in grado di scambiare informazioni e sollevare preoccupazioni specifiche. Gli Stati membri manterranno comunque la facoltà di esaminare ed eventualmente bloccare gli investimenti esteri diretti per motivi di sicurezza e ordine pubblico. Anche la decisione di istituire e mantenere meccanismi di controllo nazionali resterà nella competenza dei singoli Stati membri. Alla Commissione sarà consentito formulare pareri in casi riguardanti vari Stati membri, o quando un investimento potrebbe incidere su un progetto o programma di interesse per tutta l’Unione, come Orizzonte 2020 o Galileo.

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