Lo speaker della Camera John Bercow ha deciso di vietare un terzo voto di ratifica sullo stesso accordo sulla Brexit già bocciato per due volte. Un portavoce di Theresa May ha detto che Bercow non “ci ha preavvertiti del suo statement”, aggiungendo di non volerlo commentare, ma che per ora la premier “non è in condizione” di proporre un nuovo voto essendo ancora in corso colloqui con i dissidenti. Il sollicitor general del governo, Robert Buckland, ha invece criticato Bercow, parlando di “interventismo” costituzionale. Del resto però Downing Street aveva fatto sapere che un terzo voto di ratifica verrà fissato solo di fronte a “una realistica prospettiva di successo“. Da Bruxelles intanto una fonte Ue fa sapere che i 27 sono pronti ad attendere anche la settimana prossima e valutare una richiesta di rinvio “fino a un’ora prima” della scadenza d’uscita del 29 marzo.

Lo speaker ha precisato di aver consentito il secondo voto di ratifica la settimana scorsa – dopo la prima bocciatura di gennaio – considerando sostanziali le modifiche apportate con l’introduzione di nuovi documenti sulla base delle intese in extremis raggiunte dalla premier con Bruxelles sul contestato meccanismo del backstop irlandese. Ma ha chiarito di non essere disposto a permettere un terzo voto se la mozione del governo non conterrà modifiche “sostanziali e non formali”. In sostanza si tratta del siluramento del piano May, salvo miracoli e cambiamenti radicali al momento imprevedibili.

Stando alle aspettative di Downing Street, un accordo con gli unionisti nordirlandesi del Dup potrebbe trascinare anche buona parte dei Tory brexiteer tuttora dissidenti o incerti a ricompattarsi. Sulla carta l’ultima data utile per un terzo tentativo di ratifica è mercoledì 20. In modo da consentire poi a May di ottenere il preannunciato “breve rinvio tecnico” al Consiglio Europeo di Bruxelles che inizia il giorno successivo e non dover negoziare invece una più complessa proroga a lungo termine per evitare il divorzio no deal. Tuttavia la disponibilità dell’Ue ad attendere fino al 29 – magari convocando un successivo Consiglio straordinario – offre anche la possibilità teorica di rimandare la resa dei conti finale a Westminster alla prossima settimana.

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