In queste prime ore successive all’incidente del volo Ethiopian 302, azzardare qualsiasi ipotesi sarebbe quanto meno poco serio. Al contrario di quanto accaduto nel caso del volo MH370, del quale abbiamo parlato poco tempo fa, in questa circostanza tutto quanto rimane del velivolo è stato – o comunque sarà presto – recuperato, comprese le cosiddette “scatole nere” che ci diranno esattamente quello che è successo. O perlomeno quello che gli sviluppatori dei sofisticatissimi attuali sistemi di pilotaggio automatico vorranno farci sapere.

Attualmente non abbiamo nessuna certezza: sappiamo solo che il Comandante aveva richiesto di rientrare all’aeroporto di partenza per evidenti, gravi problemi. Questo dovrebbe poter escludere cedimenti strutturali catastrofici, come l’impatto di un missile terra aria o il distacco di un ala. Il malfunzionamento di uno dei due propulsori, o “piantata di motore” in gergo, è un evento sicuramente possibile, ma che ormai rientra nel novero di quelli che qualsiasi equipaggio di condotta con addestramento standard è in grado di gestire perfettamente con la quasi assoluta certezza di rientrare alla base senza il benché minimo danno e, spesso, senza che i passeggeri si accorgano di nulla.

Il B737, tanto quanto il DC-9, nelle sue successive versioni è stato tra i più affidabili e longevi aerei di linea nella storia dell’aviazione commerciale: mentre il DC-9 è lentamente scomparso, il 737 è un vero e proprio mulo che, costantemente e talvolta radicalmente rinnovato, continua a garantire un’operatività sicura in tutto il mondo.

Ma anche la Boeing ha, pur se più lentamente della rivale Airbus, comunque deciso di percorrere la via dell’esasperazione tecnologica nei sistemi di condotta del volo, introducendo comandi di volo fly-by-wire e computer che controllano una miriade di parametri di volo e che hanno lo scopo, teoricamente, di facilitare e abbassare il carico di lavoro dei piloti aumentando grandemente il fattore sicurezza. E talvolta, in situazioni particolarmente critiche, di rimuoverli da quel processo decisionale che fa la differenza, fra un’emergenza gestita anche dall’elemento umano e conclusasi senza problemi e un disastro senza superstiti.

Io ho personalmente vissuto la transizione tra aerei pilotati da piloti che utilizzavano ausili tecnologici molto avanzati e aerei pilotati da computer con la sola supervisione umana: questa è ovviamente una semplificazione estrema, ma ritengo che purtroppo l’esito dell’esame dei registratori di bordo del volo 302 riaccenderà questo mai sopito dibattito. Le parole di poche ore fa del presidente Donald Trump ai vertici della Boeing sono abbastanza condivisibili: l’estrema complessità degli algoritmi utilizzati dagli attuali sistemi di pilotaggio automatico integrato, spesso non del tutto compresi o noti al personale di condotta, può paradossalmente peggiorare la sicurezza del volo. Avremo modo di riparlarne con maggiore contezza all’esito dell’analisi dei dati di volo.

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