Con un avviso di selezione da poco pubblicato sul suo sito web, il ministero dell’Economia e delle Finanze riesce in un sol colpo a violare diverse normative piuttosto rilevanti, oltre che a svilire la dignità professionale. Si legge infatti nell’avviso pubblico che la direzione generale “Sistema bancario e finanziario-affari legali” del dipartimento del Tesoro intende avvalersi della consulenza di professionalità altamente qualificate per un supporto tecnico a elevato contenuto specialistico nelle materie di diritto – nazionale ed europeo – societario, bancario, dei mercati e intermediari finanziari.

Fin qui tutto perfetto, perché finalmente si investe in competenze specialistiche: proprio ciò di cui il nostro Paese ha bisogno. Tutto in linea, quindi, con quello che un ministero dovrebbe richiedere per sé a professionisti qualificati che, per poter partecipare alla selezione, dovranno infatti dimostrare una “consolidata e qualificata esperienza accademica e/o professionale documentabile (di almeno cinque anni), anche in ambito europeo o internazionale” e “una lingua inglese fluente”.

Il problema è che accedendo all’avviso pubblico (pubblicato – come spiegherò più avanti – in un formato immagine pdf inaccessibile) ci si rende conto che incredibilmente il Mef pretende che i professionisti partecipino alla selezione a titolo gratuito. In particolare, per il Mef i professionisti candidati dovrebbero accettare di fornire i loro servizi qualificati e specialistici per ben due anni e senza oneri per l’ente ministeriale.

Questa pretesa prima di tutto è di dubbia logicità, perché davvero si fatica a comprendere per quale ragione un professionista qualificato e di documentata esperienza specialistica (e quindi si presuppone con poco tempo a disposizione) dovrebbe accettare di impegnarsi per un biennio gratuitamente in favore di un’istituzione pubblica, pur prestigiosa. Il rischio è ovviamente che “si lavori” (o si finga di lavorare) per altri motivi, e cioè per avere una spilletta da esibire e gestire per sviluppare lobby, acquisendo in questo modo altra e reale clientela, quindi nei fatti svilendo il prestigio della professione che si svolge.

Questo modus operandi viene seguito in verità anche da altri ministeri per richiedere ad esempio la partecipazione a osservatori e/o centri studio dove si invitano periodicamente studiosi e professionisti a mettere a disposizione il loro tempo, in cambio – si immagina – di imprecisate ragioni di prestigio. In realtà, un professionista andrebbe sempre remunerato e non si può ancora tollerare questa ossequiosa forma di beneficenza istituzionale che si pretende da parte delle amministrazioni pubbliche.

L’innovazione e la ricerca a costo zero non esistono e ormai questo tipo di approccio va considerato come una maledizione per il nostro Paese. Inoltre, richiedere “consulenza gratuita” come “innocentemente” scritto nell’avviso del Mef è in netto contrasto sia con principi (anche costituzionali) del nostro ordinamento – che esigono giustamente la corretta remunerazione per il lavoro prestato (ad esempio art. 36 Cost.) – sia con i diversi codici deontologici che i professionisti iscritti agli albi devono rispettare. Così si mette seriamente in discussione la dignità dei professionisti (oltre che la stessa normativa che disciplina il lavoro).

E appare risibile anche la giustificazione del danno erariale da parte del ministero, in relazione a una normativa che impone alle Pubbliche Amministrazioni una riduzione delle spese di consulenza per favorire le risorse interne: la razionalizzazione della spesa pubblica non può di certo giustificare la violazione di norme gerarchicamente superiori come la Costituzione, costringendo peraltro i professionisti iscritti agli albi a ignorare altre normative per loro vincolanti. O forse questo è un modo per spingere tutti i professionisti italiani a sviluppare consulenza gratuita per poi poter accedere al reddito di cittadinanza appena messo in funzione?

Inoltre, le modalità di pubblicazione del bando non ci possono non far riflettere sulla scarsa conoscenza del Mef in merito alle delicate discipline del diritto dell’informatica, della privacy e della trasparenza. Infatti, prima di tutto non si può non notare che la connessione al sito web ministeriale non è “https”, come tante volte richiesto dal Garante per la protezione dei dati personali: questo non rende affidabile il sito web dal punto di vista della sicurezza nel trattamento dei dati.

Ancora, a un ministero – che dovrebbe garantire trasparenza anche dal punto di vista informatico – non si può non richiedere il rispetto di un principio fondamentale stabilito dal Codice dell’amministrazione digitale, e cioè che tutti i documenti amministrativi informatici pubblicati sul proprio sito siano resi “fruibili indipendentemente dalla condizione di disabilità personale, applicando i criteri di accessibilità definiti dai requisiti tecnici di cui all’articolo 11 della legge 9 gennaio 2004, n. 4” (art. 23ter comma 5bis D. Lgs. 82/2003). Questo avviso di selezione è stato invece pubblicato in un formato immagine, frutto di scansione di un documento cartaceo, rendendolo totalmente inaccessibile, come peraltro precisato sia da Anacladdove ha spiegato che il pdf frutto di scansione sia da considerarsi formato non aperto – sia da Agid, che ha fornito indicazioni dettagliate su come pubblicare documenti informatici in modo accessibile sui propri siti web istituzionali.

Mi permetto allora di consigliare al Mef di valutare l’opportunità di acquisire (con regolare contratto a prestazioni corrispettive) adeguate professionalità non solo in materia di diritto societario e bancario, ma anche e soprattutto in materia di diritto applicato all’informatica. Mi sembra che ce ne sia un estremo bisogno.

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