La guerra del latte che i pastori sardi vogliono combattere senza bandiere né colori politici, contro il prezzo pagato dagli industriali sceso a 60 centesimi, una valenza politica ce l’ha eccome. E non potrebbe essere altrimenti, dato che domenica 24 febbraio in Sardegna si terranno le elezioni regionali. Tant’è che, un po’ come è avvenuto per i gilet gialli in Francia con i partiti di destra e di sinistra, anche in Italia la politica tenta di fare propria la protesta dei pastori che, al momento, non ne vogliono sapere. E lanciano persino un ultimatum alle istituzioni: se non si troverà una soluzione in pochi giorni alla vertenza sul prezzo del latte, annunciano il blocco dei seggi in tutta l’Isola.

“Pur di protestare nella massima libertà, senza alcun colore politico, contro il prezzo troppo basso pagato per il nostro latte, abbiamo rinunciato ad appoggi e proposte allettanti”. A parlare a ilfattoquotidiano.it è Federico Floris, portavoce del Movimento dei pastori sardi (e figlio dello storico capo del Movimento, Felice). Che racconta l’immobilismo del governo regionale odierno di centrosinistra e quello precedente del centrodestra: “Dieci giorni fa Francesco Desogus, candidato governatore del M5S alle elezioni regionali in Sardegna, ci ha proposto la poltrona di assessore all’Agricoltura in caso di vittoria alle elezioni, in cambio del nostro appoggio”. Un’idea allettante: il Movimento dei pastori sardi si è riunito e ne ha discusso. Ma dieci giorni fa la gente non era in strada a versare litri e litri di latte. È partito tutto da un pastore, uno solo, che si è stancato di dare il latte agli industriali. “Ormai si è innescato un meccanismo e vogliamo andare fino in fondo”, spiega Floris, che ha spiegato la posizione del Movimento prima di svuotare un refrigeratore del latte in un video pubblicato su Facebook.

LA PROTESTA CHE NON VUOLE BANDIERE – “A Tramatza (Oristano) abbiamo deliberato che è il momento di dichiarare guerra a tutti, senza fare sconti a nessuno”, aveva detto. Aggiungendo: “Il nostro lavoro viene speculato da tantissime persone: industriali del latte, macellatori, mangimifici. Chiunque stia attorno a noi sta bene, solo noi siamo male”. Poi l’appello ai pastori aderenti al movimento: scendere in piazza “senza bandiere e senza sigle”. Perché quella dei pastori sardi vuole essere una battaglia senza colori politici, nonostante sia difficile non parlare di questi temi a due settimane dal voto. E nonostante l’attuale Regione, guidata dal Pd, sia al centro delle accuse degli stessi pastori. D’altronde la questione del prezzo del latte non è una novità da queste parti.

TUTTI I PARTITI PROVANO AD AVVICINARSI ALLA PROTESTA – Se le motivazioni dei gilet gialli in Francia sono state subito sostenute, in primis, da Marine Le Pen e Jean-Luc Mélenchon, leader rispettivamente dei principali partiti di destra e di sinistra, anche in Italia la politica ha cercato di trovare una strada comune. Il Movimento 5 Stelle ha incontrato i pastori sardi la scorsa settimana e ieri anche il premier Giuseppe Conte è andato a Cagliari. “Il governo è attento, ma il tempo è poco”, hanno commentato i pastori dopo l’incontro. Sulla questione è intervenuto anche il vicepremier leghista Matteo Salvini, sulla stessa linea del ministro delle Politiche Agricole Gianmarco Centinaio: “Ritengo urgente dare vita a una Commissione Unica Nazionale con pastori, produttori e industriali per il latte ovino, con lo Stato (vista l’assenza della Regione) che torna a fare lo Stato e stabilisce un prezzo minimo di contrattazione, anche con una eventuale parte di sovvenzione”. Il candidato alla segreteria del Partito democratico Maurizio Martina affida le sue considerazioni a Facebook: “Alle immagini che stiamo vedendo in questi giorni dalle strade della Sardegna, dove i pastori esasperati sono arrivati a rovesciare il latte per chiedere prezzi equi, nessuno può rimanere indifferente”.

LE RESPONSABILITA’ DI PD E CENTRODESTRA – I diretti interessati non si lasciano impressionare dalle manifestazioni di solidarietà e vogliono vedere i fatti, dopo mesi e mesi di parole. A Sanluri i pastori in protesta davanti a un caseificio hanno allontanato una delegazione di politici che, secondo gli allevatori, era lì “solo per fare campagna elettorale”. Eppure ciò che sta accadendo non potrà che avere effetti sul voto espresso dai cittadini alle elezioni regionali. Emblematico ciò che è accaduto a Pattada, in provincia di Sassari. Come riportato da La Nuova Sardegna, invece di sversare il latte circa 250 cittadini del comune si sono recati in municipio e hanno restituito le tessere elettorali, in segno di protesta contro la Regione governata da Francesco Pigliaru (Pd), ritenuta una delle maggiori responsabili del crollo del prezzo del latte. Tra l’altro, proprio la Regione ha promosso le trattative tra associazioni, che rappresentano gli allevatori e industriali. Un tavolo aperto a settembre e ripreso giovedì scorso con un lungo incontro a Cagliari che però non ha portato alla definizione di un prezzo minimo. La riunione è stata rinviata a mercoledì 13 febbraio. “Ci devono dare garanzie”, spiega ancora il portavoce del Movimento dei pastori sardi. Che, a proposito di politica, si toglie qualche sassolino: “Ora l’ex ministro Martina scrive, ma le nostre richieste sono le stesse da tempo. A guidare la Regione oggi c’è proprio il Pd e, ancora prima, c’era il centrodestra. Le responsabilità sono lì”. L’ex ministro dell’Agricoltura ricorda che anche nel 2017 il prezzo era sceso a 60 centesimi al litro. “Abbiamo compiuto alcune scelte come gli aiuti diretti agli allevatori e l’introduzione del pegno rotativo che consente ai produttori di avere più facilmente finanziamenti in banca e non trovarsi a svendere il prodotto”. Nel 2018 il prezzo alla stalla era risalito a 85 centesimi. Ora un nuovo crollo.

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