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“Volevo fare la traduttrice, ma a Roma lavoravo solo in nero ed ero depressa. In Svizzera ce l’ho fatta”

“Volevo fare la traduttrice, ma a Roma lavoravo solo in nero ed ero depressa. In Svizzera ce l’ho fatta”
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Partiti in cerca di un lavoro. Gli emigranti esistono anche in Italia. Vanno verso il nord del Paese, verso l’Europa, verso l’America. Lasciano la famiglia come a inizio Novecento, con una ideale “valigia di cartone”. Ecco alcune delle loro storie raccontate a valigiadicartone.ilfatto@gmail.com

Mi chiamo Gabriella, ho 38 anni e da quasi 5 vivo in Svizzera. Laureata come interprete e traduttrice a Roma, vivo fino a 33 anni la mia vita romana come i miei coetanei: un fidanzato da anni e varie esperienze di lavoro. Ma di lavorare come traduttrice, che era il mio sogno, con un contratto stabile, neanche l’ombra. Nel corso degli anni faccio quindi traduzioni saltuarie ‘in nero’ e per necessità di avere un’entrata sicura affianco questa mia attività al call center part time. Finché trovo lavoro presso una società di eventi in cui si richiede anche di fare traduzioni. Fantastico! Peccato che anche lì per tre anni lavoro completamente in nero. Continuo a mandare curriculum a Roma perché quello è il mio sogno, ma neanche mi rispondono. Finché la mia vita subisce una svolta improvvisa: la mia storia con il fidanzato finisce e poco dopo incontro l’uomo che oggi è mio marito con il quale quasi 5 anni fa decido di andare a vivere dove vive lui da anni. In Svizzera.

Prendo un’aspettativa dal call-center e provo a vivere tre mesi, poi altri 3, poi 6 e oggi sono ancora qui, felice e appagata. Poco dopo il mio arrivo ottengo un contratto in una scuola con i bambini, poi un posto di lavoro nella gestione documenti di una grande azienda e infine il lavoro della mia vita a tempo indeterminato: traduttrice in banca! Durante tutti gli anni passati a lavorare in nero mi ero depressa: pensavo di non valere nulla e di non essere io all’altezza. Invece non era così: essere selezionata da una grande banca tra duecento persone mi ha restituito fiducia in me stessa.

Torno nella mia città circa una volta al mese data la breve distanza in aereo e mi vergogno a dire la verità. Roma non mi manca. Ogni volta che torno dai miei affetti, vedo solo una città nel degrado, una grande insoddisfazione e infelicità delle persone che ci abitano e che non fanno altro che lamentarsi. Cosa mi dovrebbe mancare? Ah sì, una cosa c’è: la pizza. Il mio consiglio a chi vive questa situazione in Italia è di partire e cercare nuove strade: se non riuscite a realizzarvi lì dove siete, molto probabilmente non è colpa vostra ma di una società che non ve lo permette, provate nuove strade! Mettetevi alla prova. Superate i vostri limiti. Con la consapevolezza che niente è definitivo e potete tornare in Italia quando volete, nessuno vi mette in prigione. Unica controindicazione: sarete voi stessi a non voler più tornare”.

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