“Ogni nostra azione in rete è tracciata, ormai c’è poco da fare”, dicono alcuni. “Con le opportune precauzioni si può preservare la nostra privacy“, replicano altri. “L’importante è che i nostri dati non vengano usati per fini illeciti”, aggiungono altri ancora. Il potere di profilazione degli algoritmi ormai è noto alla gran parte dei frequentatori di motori di ricerca e social network. Ne abbiamo parlato con i cittadini in strada. C’è chi evoca scenari orwelliani: “siamo nell’era della sorveglianza di massa, consegniamo le nostre vite ai big della rete e nemmeno ce ne accorgiamo”. Chi minimizza: “non ho nulla da nascondere, ricevere pubblicità mirate sulle mie abitudini di utente può darmi fastidio ma non mi inquieta”. Chi prova a tutelarsi: “meglio non pubblicare sui social notizie personali e attivare i dispositivi previsti a protezione della privacy”. Chi sdrammatizza: “più che il Grande Fratello mi preoccupa che a spiarmi sullo smartphone sia mio marito”, scherza una signora. E chi suggerisce soluzioni radicali: “le tecnologie offrono tante opportunità positive ma creano dipendenza, chi non vuole essere schedato deve staccarsi da tutto e cambiare vita”. E voi che ne dite?
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