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Africa e migranti, aiutiamoli a casa loro? E invece li sfruttiamo: dal pesce del Senegal ai diamanti e il petrolio - 6/6

Nella polemica sull'accoglienza, il vicepremier Di Maio ha citato il controllo valutario che i francesi esercitano su 14 Paesi del africani. Pubblichiamo integralmente l'inchiesta uscita sul nostro mensile Fq MilllenniuM a novembre, che raccontava come migliaia di miliardi di dollari escano ogni anno dal Continente nero per arricchire i Paesi occidentali, tra sfruttamento delle risorse ed esportazione dei capitali nei paradisi fiscali
Africa e migranti, aiutiamoli a casa loro? E invece li sfruttiamo: dal pesce del Senegal ai diamanti e il petrolio - 6/6
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Capitali in fuga

Ma una delle sfide più importanti che le nazioni africane si trovano ad affrontare è arrestare l’emorragia continua di capitali, spesso illeciti, che lasciano il continente. A maggio 2017 un rapporto della Global Financial Integrity ha evidenziato come nel decennio tra il 2005 e il 2014 «i trasferimenti illeciti di capitali dai Paesi subsahariani sono stati equivalenti al 9,5% del volume complessivo dei loro scambi commerciali, a fronte di un dato che per l’insieme delle regioni in via di sviluppo non ha superato il 5,9». Dall’Etiopia, da cui partono migliaia di migranti, si volatilizzano 2 miliardi e 583 milioni di dollari. Dalla Nigeria, 17 miliardi e 804 milioni. E già nel 2015 uno studio (Illicit financial flows – Tuck it! Stop it! Get it!) dell’Unione africana affermava che i crimini finanziari, quali appunto l’elusione delle tasse e la corruzione, drenano dal continente tra i 36 e i 69 miliardi di dollari all’anno, pari a una percentuale tra il 7,5 e l’11,6 % del commercio totale africano. E spesso questi tesoretti in fuga finiscono nei paradisi fiscali. Gabriel Zucman, professore alla London School of Economics, aveva calcolato, nel 2015, che della ricchezza esentasse custodita nelle società di comodo all’estero, almeno 500 miliardi di dollari erano africani. Un arricchimento predatorio che ha come modello quello delle multinazionali che lavorano da decenni in Africa. Un report dell’associazione britannica War on Want ha rilevato che 101 società quotate alla borsa di Londra controllano un valore pari a 1,05 miliardi di dollari di risorse in Africa grazie alla gestione di soli 5 beni: petrolio, oro, diamanti, carbone e platino. Di queste 101 società, che hanno attività in 37 Paesi africani, 25 hanno sede in vari paradisi fiscali.

Appare evidente, quindi, che è una favoletta la narrazione di un’Africa povera e delle migrazioni come conseguenza di una miseria inevitabile. “L’aiutiamoli a casa loro” è spesso esclusivamente un testacoda semantico.

L’articolo è tratto dal mensile FQ MillenniuM, novembre 2018

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