La relatrice al ddl sul referendum propositivo, Fabiana Dadone (M5s) ha presentato sei emendamenti al Comitato dei nove, che cercano di venire incontro alle principali critiche delle opposizioni. Un gesto di apertura che il Partito democratico ha accolto con favore, dopo che nei giorni scorsi aveva minacciato battaglia in Aula e in commissione se non fossero fatte modifiche: “Sono stati tolti tre macigni”, ha detto il capogruppo Pd Graziano Delrio insieme ai deputati Gennaro Migliore, Stefano Ceccanti e Barbara Pollastrini, “e il nostro atteggiamento non è più totalmente negativo”, anche se il suo voto favorevole dipenderà dal fatto se verranno “tolti i sassi che rimangono”. “Non si erano mai registrate tante aperture nei confronti delle richieste delle minoranze in materie di riforme”, ha detto il ministro per le Riforme Riccardo Fraccaro, “ora ci aspettiamo che tutti collaborino per approvare una legge che valorizza la partecipazione popolare il ruolo del Parlamento, rafforzando le fondamenta della nostra democrazia”.

Queste le modifiche che sono state inserite. Il primo emendamento stabilisce che sulla scheda del referendum i cittadini non debbano optare tra il testo del Comitato promotore e quello approvato dalle Camere, ma solo sul primo. In tal modo si eviterebbe, secondo M5s, quello che il Pd e Fi hanno definito “un ballottaggio tra Parlamento e piazza”. L’emendamento stabilisce che nel caso in cui il Parlamento approvi una proposta di legge diversa rispetto a quella presentata dal Comitato promotore, essa non venga promulgata dal presidente della Repubblica e rimanga congelata, in attesa del referendum in cui i cittadini sarebbero chiamati a pronunciarsi solo sulla proposta del Comitato promotore e non anche su quella approvata dalle Camere. Le Camere potranno anche decidere di non esaminare la proposta di legge avanzata dal Comitato promotore, e anche in tal caso, il referendum riguarderebbe ovviamente solo questo testo.

Un altro emendamento affronta un secondo punto critico sollevato dal Pd, quello della valutazione del testo approvato dalle Camere differisca o meno da quello del Comitato promotore. Nella legge attuativa si chiarirà che sarà l’Ufficio di Cassazione a decidere e non il Comitato promotore, ma nel testo della riforma c’è un aggancio per permettere questa soluzione. Si afferma infatti che non c’è referendum se le due proposte di legge divergano solo “formalmente”.

Un terzo emendamento riformula i principi sull’ammissibilità delle proposte di legge che il Comitato promotore può presentare alle Camere. Mentre la precedente formulazione affermava che la proposta non era ammissibile se “non rispetta i principi e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione nonché dal diritto europeo e internazionale”, con l’emendamento si afferma che la proposta è inammissibile se “non rispetta la Costituzione”.

Il vaglio di ammissibilità da parte della Corte costituzionale, che il testo prevede una volta raccolte 200.000 firme rispetto alle 500.000 finali, viene esteso anche ai referendum abrogativi previsti dall’articolo 75 della Costituzione. Una soluzione prevista anche dalla riforma Renzi-Boschi.

Infine viene inserito il principio di un limite alle proposte di legge di iniziativa popolare che possono essere presentate alle Camere, per evitare che esse debbano occuparsi solo di queste. La legge attuativa definirà i dettagli. “Abbiamo compiuto dei notevoli passi avanti – ha detto la relatrice Dadone – spero che queste aperture tranquillizzino sulla nostra non volontà di svilire il Parlamento. I colleghi del Pd in Comitato dei nove hanno espresso apprezzamento, e ora si riservano di valutare nel gruppo le novità”.

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