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Sea Watch e Sea Eye ancora senza porto. Come si distinguono i governi Ue responsabili dai sovranisti?

Sea Watch e Sea Eye ancora senza porto. Come si distinguono i governi Ue responsabili dai sovranisti?
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Facciamo finta, per un attimo, di ignorare quel che scrive il generatore ministeriale di odio. Sulla vicenda Sea Watch come si sta comportando diversamente l’Europa, rispetto a Salvini e Orbàn? I governi responsabili, quelli di Parigi, Den Haag e Berlino, come stanno mostrando la loro superiorità rispetto al sovranismo feroce? A quanto pare, facendo finta di nulla. I centristi saranno i migliori governi per gestire economia e finanza, garantire concentrazioni di ricchezza, disuguaglianze e una buona parola per tutti ma da oggi sappiamo che il colosso Ue – e i tre paesi-motore della sua economia – hanno paura di 32 persone, anzi, di ciò che resta di 32 persone.

Sui governi “sovranisti” è inutile spendere altre parole di sdegno o di disgusto: sono formidabili già da soli a mostrare lo stato avanzato di decomposizione della nostra civiltà. Ma degli altri, dei centristi, liberali e ragionevoli cosa dovremmo dire? Il messaggio di buon anno di Guy Verhofstadt sulla sua pagina Facebook spiega bene cosa hanno in mente di (non) fare i governi europeisti: accoglienza per i richiedenti asilo “certificati”, espulsione rapida per gli altri, frontiere europee sigillate. Ora, a parte i toni carini, educati ed aziendali, in cosa altro si distingue la ricetta liberale da quella sovranista?

https://www.facebook.com/GuyVerhofstadt/posts/10157283618265016

Dei primi si dice che abbiano a malapena la scuola dell’obbligo; gli altri esibiscono master e dottorato. I primi ragliano e cercano colpevoli alla cieca (immigrati, concittadini di altre zone del loro paese, il vicino); agli altri – più broker che politici – piace vincere giocando a scacchi. Ad entrambi, dei richiedenti asilo non può importare di meno ma i primi, se non altro, lo dicono in maniera esplicita.

E’ encomiabile e umana la lettera scritta da Matteo Orfini a Giuseppe Conte, nella quale si invita il premier ad aprire i porti alla Sea-Watch. Ma dobbiamo dimenticare la guerra di Marco Minniti alle ong e la Libia virtuale che ha inventato per fare felice l’Ue? Dobbiamo dimenticare gli accordi illegali di rimpatrio che il ministro-sceriffo aveva sottoscritto con il governo sudanese del dittatore Al-Bashir? Non possiamo e non dobbiamo dimenticare perché l’impegno concreto a trovare soluzioni politiche dignitose non va d’accordo con chi ha rincorso Salvini sul loro terreno, aprendogli le porte del Viminale.

In comune, poi, gli europeisti delle chiacchiere e i sovranisti del web non hanno solo i toni: ad esempio, entrambi, vogliono infliggere una dura punizione a Sea-Watch e ai 32 affinché – sperano, evidentemente – in futuro i primi ci pensino due volte prima prendere a bordo altri migranti mentre chi parte dall’Africa, ci pensi 10 volte prima di mettersi in cammino. Tra uno scaricabarile e l’altro, l’Ue prosegue con la politica tramutata in comunicazione aziendale: rimuovere tensioni, ignorando i problemi. D’altronde i problemi li ha chi se li pone, giusto? Se qualcuno chiede un porto e la risposta è “sì, a patto che anche altri si prendano le loro responsabilità” (sapendo già che tutti diranno no), il governo olandese ne esce pulito. La colpa, infatti, è della Germania. Ma se la Germania dice no è per i no della Francia. Per l’Italia è no a priori, la Spagna ha già accolto l’imbarcazione di Open Arms, altri non pervenuti.

Questa misera foto rappresenta il club continentale: un club terrorizzato da 32 persone (bambini e minori inclusi) che a malapena riescono a stare in piedi, stanchi, malati e denutriti. Di loro non c’è traccia sulla pagina di Verhofstadt che tuttavia sa cosa bisognerebbe fare per disarcionare Orbàn e Salvini: togliere loro l’arma di propaganda dell’immigrazione con hotspot fuori dall’Ue e rimpatri rapidi ed estendendo la pratica di corrompere i regimi dei paesi di provenienza dei richiedenti asilo (leggi: accordi di riammissione); quella stessa Ue ragionevole incapace persino di trovare un sistema obbligatorio di quote di ripartizione. 

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